Novembre 2011: Il Rapporto Mc Kinsey
Resource Revolution: Meeting the world’s energy,
materials, food, and water needs
McKinsey Global Institute, McKinsey Sustainability &
Resource Productivity Practice
Questo Rapporto tratta in
profondità il problema della scarsità delle risorse ed è quindi uno tra i
massimi riferimenti per la Green economy. Nel corso del secolo passato i costi
progressivamente decrescenti delle risorse hanno sostenuto la crescita economica
globale.
Nonostante la domanda di risorse quali energia, cibo, acqua e dei materiali
sia cresciuta, essa è stata compensata dall’offerta in espansione e dagli
aumenti di produttività con cui erano utilizzate le risorse offerte.
Ma questo quadro
relativamente benigno ora è cambiato.
Il ritmo senza precedenti e la scala della crescita dell’economia nei mercati
emergenti hanno continuato a spingere la domanda ed i prezzi per la maggior
parte delle risorse sono aumentati con il passaggio del secolo.
I prezzi delle risorse e la loro volatilità potrebbero ancora aumentare con
le nuove forniture di alcune risorse che diventa più costoso estrarre; inoltre i
prezzi delle risorse diventano più interdipendenti e le ricadute degli effetti
ambientali impattano sulla resa delle colture e sulla disponibilità di acqua.
Queste tendenze potrebbero alimentare il protezionismo e dare luogo disordini
politici di varia natura.
In assenza di interventi per
ampliare l'offerta e incrementare la produttività delle risorse, l'economia
globale potrebbe entrare in un'era di più elevati prezzi delle risorse, più
volatili con un aumentato rischio di shock legati alle risorse.
Ciò avrebbe conseguenze negative per la crescita economica, il benessere dei
cittadini (in particolare quelli basso reddito), le finanze pubbliche e
l'ambiente.
Il Rapporto della Mc Kinsey
si propone di offrire nuove intuizioni sul modo in cui la domanda di risorse si
è evoluta e sugli scenari dei prossimi venti anni. Analizza come la domanda può
essere soddisfatta attraverso l’allargamento delle forniture e una più alta
produttività delle risorse con l'innovazione tecnologica che potenzialmente
gioca un ruolo centrale con le nuove tecnologie che si sviluppano in tutti i
sistemi di approvvigionamento delle risorse.
Il Rapporto discute e quantifica i rischi aumentati per le risorse e per
l’ambiente e le opzioni per affrontarli.
Il Rapporto
esamina anche ciò che i decisori politici e il settore privato dovrebbero fare
per fronteggiare gli incombenti limiti delle risorse.
Le teorie
maltusiane che, ricordiamo, prevedono l’insufficienza tendenziale delle risorse,
hanno
trovato conferma in particolare nella
relazione
del Club di
Roma
sui limiti
alla crescita
nei primi anni 1970.
Ma la
tesi
dominante del
20° secolo era
che il
mercato
sarebbe venuto in aiuto per
fornire
un'offerta
sufficiente
e la produttività
necessaria delle risorse.
Questa tesi
si è in gran parte
dimostrata corretta
fino a fine secolo, guidata da una combinazione
di progresso
tecnologico
e la scoperta di
nuove fonti di approvvigionamento
a basso costo. L’indice MGI
(McKinsey)
dei prezzi
in termini reali
delle materie prime è diminuito di
quasi la metà
nel corso del
20° secolo,
benché la popolazione
mondiale
sia quadruplicata
e l’output economico
globale
sia aumentato di
20
volte,
con una conseguente crescita della
domanda per le
diverse risorse
tra 600 e
2.000%.
La scarsità
prevista per i prossimi 20 anni
sembra
probabile che sia
molto diversa da
quelle che si sono periodicamente verificate
nella storia.
Intanto ci saranno
fino a tre miliardi di nuovi
consumatori della
classe media (stimati
oggi in 1,8
miliardi),
facendo salire
la domanda di
tutte le
risorse.
Questo
avverrà
in un momento
in cui trovare nuove
fonti di
approvvigionamento
ed
estrarle
sta diventando sempre più
difficile
e costoso,
nonostante il miglioramento
tecnologico. Il
degrado dell'ambiente,
esso pure causato
dalla crescita
del consumo di
risorse,
aumenta
la vulnerabilità
dei sistemi
di fornitura delle risorse.
Il cibo è
il caso più
evidente di
vulnerabilità,
ma non l’unico. I
cambiamenti
dei regimi delle precipitazioni
e l'uso accresciuto
dell'acqua
potrebbe avere
un impatto
significativo sul
17% di energia
idroelettrica,
come anche
sulle centrali a
combustibili fossili
e sui
metodi di
estrazione mineraria
ad alta intensità di acqua.
Non v’è
altro rimedio che realizzare una rivoluzione della produttività delle risorse
paragonabile ai progressi compiuti dalla produttività del lavoro nel corso del
20° secolo, ma non sarà facile. Si stima che solo il 20% delle innovazioni sono
facilmente realizzabili mentre circa il 40% sono difficili da realizzare a
fronte di numerosi ostacoli. Inoltre, quand’anche l'aumento dell'offerta e della
produttività delle risorse siano sufficienti a soddisfare la richiesta di
risorse, probabilmente non saranno sufficienti per impedire un riscaldamento
globale al di sopra dei 2°C, che potrebbe già oggi essere inevitabile, o per
alleviare la povertà di risorse che colpisce tante persone.
Le
ulteriori modifiche del mix delle fonti di approvvigionamento delle risorse e
gli investimenti supplementari necessari per rispondere alle sfide del
cambiamento climatico e della povertà delle risorse potrebbero a loro volta
creare un salto in avanti dei prezzi. La ricerca Mc Kinsey suggerisce che uno
sviluppo molto più rapido delle tecnologie delle energie rinnovabili potrebbe
viceversa portare a un rapido declino in termini di costi. L’ energia solare
potrebbe diventare disponibile a circa 1 $ per watt entro il 2020, rispetto a
più di 8 $/W nel 2007 e 4 $/W nel 2010.
I governi
dovranno prendere in considerazione l’eliminazione di più di 1 trilione di $
sovvenzioni per le risorse, compresa l'energia e l'acqua, che oggi mantengono i
prezzi artificialmente bassi e incoraggiare l'uso inefficiente di questi
prodotti. Per affrontare il cambiamento climatico, i governi dovrebbero anche
garantire, attraverso meccanismi come il mercato del carbonio, che i prezzi
delle risorse catturino il costo del loro impatto sull'ambiente.
I
risultati
principali dei sette
capitoli di questa vasta relazione
si possono così riassumere:
1.
I prezzi delle risorse
progressivamente calanti hanno sostenuto la crescita
economica globale nel corso del
20° secolo;
2.
Il mondo potrebbe
stare entrando in un'era di
prezzi alti e volatili delle risorse.
I fattori ambientali limiteranno
la produzione. La maggiore erosione
del suolo, l'estrazione
eccessiva di riserve di acque sotterranee,
l'acidificazione degli oceani, la
deforestazione, gli stock ittici
in declino, gli imprevedibili
effetti moltiplicatori dei rischi
del cambiamento climatico e
altri effetti ambientali non
consentiranno la espansione incontrollata della
produzione di risorse. C’è inoltre una crescente
preoccupazione per le disuguaglianza.
Si stima che circa 1,3 miliardi di persone
non hanno accesso all'elettricità e
2,7 miliardi si affidano ancora alla biomassa tradizionale
per cucinare. Circa
925 milioni sono sottonutrite
nel mondo e circa
884 milioni non hanno accesso all’acqua potabile.
La Banca Mondiale stima
che i recenti aumenti dei prezzi dei
prodotti alimentari hanno spinto
44 milioni di persone in povertà
nella seconda metà del 2010 (anche
se alcuni agricoltori, in genere i
più grandi, ne hanno beneficiato).
Con la rapida diffusione tra i
consumatori a basso reddito di tecnologie come i
telefoni cellulari, queste persone hanno
acquisito una voce politica più forte,
circostanza che consentirà loro di rivendicare risorse e diritti.
3.
Soddisfare la futura domanda di risorse richiederà una grande espansione
dell'offerta. Al contrario, dall’ottobre 2010 all’Aprile 2011, la Cina, l'India
e il Vietnam, tra gli altri, hanno contingentato l'esportazione di almeno
trenta minerali, dai 25 nel corso dei 12 mesi precedenti (dati WTO);
4. Un passo in
avanti nella produttività delle risorse è possibile. Per contribuire a scegliere
le priorità per le iniziative di produttività delle risorse disponibili, Mc
Kinsey ha sviluppato una curva integrata dei costi delle risorse (in figura). In
questa curva sono state raggruppate più di 130 potenziali misure in favore della
produttività delle risorse. All'elaborazione di questa curva Mc Kinsey ha
dedicato uno specifico rapporto
"Setting
priorities for resource productivity" che espone in profondità le
metodologie e i risultati del lavoro.
Nella
figura seguente
sono indicate le prime 15 misure, che assommano circa il 75% dei vantaggi in
termini di produttività totale delle risorse. Le prime tre opportunità
porterebbero circa un terzo del potenziale totale. Mentre ciascuna misura ha una
sola risorsa come obiettivo principale, ci sono spesso importanti benefici per
molteplici risorse, in particolare per il carbonio.
Queste 15
opportunità sono:
Costruire
l'efficienza energetica
Produzione
crescente
delle
grandi aziende
Riduzione degli sprechi
alimentari
Ridurre le perdite
di acqua
potabile
Densificazione
urbana
(che
migliora l'efficienza
dei trasporti)
Una maggiore efficienza
energetica nel
settore
del ferro e dell'acciaio
Rendimenti
crescenti
delle piccole aziende
agricole
Aumentare
l'efficienza dei carburante
per i trasporti
Aumento della
penetrazione
dei veicoli
elettrici ed ibridi
Riduzione
del degrado del suolo
Migliore
efficienza negli usi finali
dell'acciaio
Aumentare
il recupero
del petrolio e del carbone
Migliorare
le tecniche
di irrigazione
Trasferire il traffico
merci dalla
strada alla ferrovia
e alle vie d'acqua
Il miglioramento
dell'efficienza delle
centrali elettriche
5.
Ulteriori sforzi sono poi necessari per affrontare i cambiamenti climatici e
l'accesso universale all'energia. Il semplice rilancio della produttività non
sarebbe sufficiente a conseguire il contenimento delle concentrazioni di gas
serra in atmosfera entro i 450-ppm. A questo fine le emissioni di carbonio
dovrebbero essere ridotte da 48 Gt/anno a 35 Gt/anno nel 2030. Per mettere in
atto questo piano, in funzione della velocità dello sviluppo tecnologico nelle
energia rinnovabili, dovrebbero essere investito nei prossimi due decenni da 260
a 370 miliardi di dollari l'anno. Questa cifra corrisponde ad appena il 60-90%
dei sussidi oggi erogati ai combustibili fossili e potrebbe anche consentire una
riduzione degli investimenti per l’adattamento. L’accesso universale all’energia
consente a tutte le persone l'accesso ad un’energia pulita, affidabile e a
prezzi accessibili per cucinare, riscaldarsi, per l’illuminazione la
comunicazione e gli usi produttivi. Occorrerebbero da 250 a 500 kilowattora per
persona e per anno che costerebbero circa 50 miliardi di dollari all'anno per i
prossimi due decenni.
6. Il
Rapporto argomenta autorevolmente che affrontare l’agenda per la disponibilità
delle risorse richiede anzitutto la rinuncia ai pregiudizi nelle sedi
istituzionali, nelle amministrazioni e nelle imprese.
7.
Dall’altra parte le imprese devono riflettere su come adeguare la strategia per
tener conto di una del tutto nuova modalità green di uso delle risorse ed
anche sui rischi e sulle opportunità ad essa connessi.
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Marzo 2010: LE ORIGINI DELLA CRISI ECONOMICA ED
AMBIENTALE
di Edo Ronchi, marzo 2010 La Grande
Recessione del 2008-2009 è stata innescata dall’esplosione di alcune bolle
speculative finanziarie.
Nella crisi finanziaria vi sono state responsabilità accertate sia di singoli
speculatori che hanno ingannato i mercati e i risparmiatori.
Partendo da
presupposti culturali spesso diversi, si va affermando una convinzione: per
avviare uno sviluppo durevole è oggi necessario puntare su uno sviluppo
ecologicamente sostenibile. Per una ragione fondamentale: le risorse
ambientali sono diventate scarse.
Continuare a
scommettere su una crescita veloce potrebbe rivelarsi un terribile azzardo anche
economico. Così come continuare a credere che il benessere possa venire solo da
elevati tassi di crescita. La sostenibilità ecologica è diventata una “preoccupazione
centrale” perché “pone la sfida di definire se, almeno, l’attuale livello
di benessere potrà essere mantenuto nelle future generazioni”. Cominciano ad
essere diffusi forti dubbi sul fatto che l’aumento del benessere sia prodotto
dalla corsa al consumo. Il consumo responsabile ed ecologico, il risparmio
energetico, l’uso di energie e di risorse rinnovabili, il riciclo si vanno
ora estendendo e rappresentano una parte di crescente importanza anche per i
mercati. Il cambiamento, sollecitato da questa crisi, verso una nuova
economia, più stabile, più sobria ed ecologicamente più sostenibile, offre anche
grandi possibilità di sviluppo di nuove attività, di imprese e di occupazione.
Le offre a chi le sa vedere e cogliere ... (>
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I redattori propongono all'attenzione
dei lettori due preziosi contributi, per certi versi simmetrici, per altri
versi concorrenti. Il problema trattato è il rapporto tra democrazia
e sostenibilità nel quadro della crisi. Lo affronta il nostro Carlo
Donolo con accenti originali a partire dal profondo della cultura europea,
riferendosi alle nostre società capaci pur se non ancora sostenibili, alle
prese con la crisi più grave del dopoguerra e con le chiavi di soluzione,
prima fra tutte la green economy.
Lo affronta Amartya Sen nella sua
lectio magistralis tenuta a Roma nel maggio 2010. E' il punto di vista
di un economista liberale dello sviluppo che guarda dalla angolazione
delle società in transizione, non tutte approdate alla democrazia ma tutte
consapevoli del problema dei limiti e protagoniste nel movimento
internazionale per lo sviluppo sostenibile. Poichè Amartya Sen non ha
ancora autorizzato la traduzione, il testo in inglese che presentiamo va
considerato "fatto in casa" e, se talvolta potrà essere impreciso,
costituisce certamente una lettura preziosa.
FEBBRAIO 2010:
PROVE E DILEMMI DELLA SOCIETA'
DEMOCRATICA
per
parole chiave
di
Carlo Donolo, luglio 2010
Finora il futuro della democrazia e quello
della sostenibilità hanno marciato per lo più separati, forse non del tutto
nei fatti, ma certo nelle riflessioni pubbliche ed anche nelle analisi
scientifiche. Si dà per scontato che la democrazia sia capace di trattare
questioni di sostenibilità, e che la sostenibilità trovi il suo ambiente
favorevole proprio in contesti democratici. Ci deve essere del vero, ma le
cose non sono così semplici come vorremmo. Ma qui ci poniamo specialmente il
problema di come le democrazia radicate a scala nazionale si comportano a
fronte della crisi ambientale e dei dilemmi della sostenibilità. La
sostenibilità diventa il test decisivo della capacità di governo democratico
dei processi. La democrazia come regime politico ha mutuato dall'economia,
da cui sostanzialmente dipende, i tempi brevi della valorizzazione. In
economia il tasso di sconto sul futuro è molto alto, ovvero gli interessi
generati in futuro valgono molto meno di quelli prossimi. La politica è
diventata subalterna al punto da accogliere lo stesso criterio. Ma la
sostenibilità è questione appunto di assegnare agli stati futuri del mondo
valori alti e non bassi. Nelle costituzioni tutto ciò viene detto. Le
pratiche democratiche non seguono. La sostenibilità non è il tema tra gli
altri, che si aggiunge alla lista degli interessi da servire, ma è il tema
che definisce gli altri. Nel contesto del climate change questo sta
diventando una verità insieme drammatica e lapalissiana.
I beni comuni globali poi come res
nullius sono stati assoggettati a una persecuzione feroce (emblematico
il caso dei cetacei, ma oggi ancor più il caso delle foreste pluviali o
delle zone umide). Si pone allora una questione impolitica: come devono
essere rappresentati questi beni in un processo rappresentativo? Qui la
democrazia attuale mostra tutti i suoi limiti. I beni comuni sono presenti
nel processo rappresentativo tramite le menti umane che li collocano nel
frame dei loro interessi ed identità. La politica lavora su questi
ultimi e intravvede i beni comuni solo occasionalmente: se c'è tempo e
denaro avanzato, se pensare ai beni comuni non danneggia interessi o
identità. Ma nulla può frenare il corso aggressivo della mercificazione,
appropriazione e monetarizzazione. Tanto meno lo vogliono in fondo i governi
democratici che devono far quadrare i bilanci. E tuttavia, la questione è
posta. Si deve trovare una modalità non riduttiva di
rappresentazione-rappresentanza dei beni comuni (qui li prendo a epitome
della questione ambientale e della sostenibilità) nei “parlamenti”
democratici.
Non solo questi universi di beni comuni
non sono attualmente rappresentati – se non blandamente e
compatibilmente con molte altre cose meno importanti ma più urgenti – ma si
consideri che, come è noto, la democrazia fa fatica a rappresentare le
future generazioni. Questo tema è fondante per la nozione di sostenibilità,
ma è stato anche ben approfondito in filosofia morale, diritto
costituzionale e teoria sociale. Solo la sostenibilità a partire da oggi può
garantire questo contesto decisionale aperto. Altrimenti quando diciamo che
quegli interessi non sono conoscibili e quindi non rappresentabili nel
processo democratico dobbiamo dire che non vogliamo garantire alle future
generazioni neppure le misere chance che abbiamo avuto noi.
Inoltre il ciclo politico è condizionato
da quello economico, e quindi per le riforme bisogna aspettare il momento
fortunato, alquanto raro, di una felice congiunzione dei due cicli. Sembra
però che in futuro ciò sia difficile da ripetere come nei 30 gloriosi. Si
potrebbe rovesciare allora la saggezza corrente ed assumere invece le
situazioni di crisi come opportunità di innovazione qualche paese lo fa
(magari la Cina stessa). La politica dovrebbe cominciare a sospettare che il
vecchio adagio va rovesciato: non “con la crescita del PIL ci saranno le
risorse per sistemare tutti i guai”, ma viceversa che “se non inizi a
sistemare ora i guai non potrai avere più nessuna crescita del PIL”.
La green economy è una modalità di
fare business con la sostenibilità e precisamente con l'offerta di
soluzioni che: riducono gli impatti, il consumo di materie prime ed energia,
riducono i costi di trasporto, l'ingombro degli imballaggi, con tecnologie e
processi che permettano se non di chiudere i cerchi almeno di abbattere di
un ordine di grandezza le quantità degli inquinanti e degli impatti
aggregati. Questa è una via maestra – nel contesto di economie avanzate e di
democrazie pluraliste – e dovrebbe funzionare. Una parte del made in
Italy e delle distrettualità può ben riciclarsi su questo terreno e in
parte lo sta facendo, malgrado o grazie alla crisi ...
(>
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MAGGIO 2010: SUSTAINABLE
DEVELOPMENT AND OUR RESPONSIBILITIES
by Amartya Sen, Rome, may 2010
La
sostenibilità non è un argomento nuovo. La
sicurezza della vita umana è sempre stata ritenuta dipendere dalla forza e
dalla resilienza del mondo naturale che abitiamo. La natura, tuttavia, ha
mostrato in tempi recenti la sua vulnerabilità, e sembra sempre più
incline a lasciare a noi in uno stato di incertezza senza speranza. È
sempre più evidente la rapidità con cui si riduce lo strato di ozono, il
riscaldamento della terra, si inquinano i nostri fiumi e l'aria, si
portano molte specie all'estinzione, si distruggono le foreste, si
riducono le risorse minerarie, e si impongono altri scempi sull’ambiente
e, di conseguenza, sulle nostre vite. La nostra esistenza come esseri
umani è totalmente subordinata all'ambiente. La vita - la vita non solo
umana, ma qualsiasi tipo di vita così come lo conosciamo -, può
sopravvivere solo in un intervallo di temperatura molto ristretto che è
poco più di 100 gradi Kelvin, un minuscolo granello di temperatura
rispetto alla variabilità di miliardi di gradi dell'universo.
Ma
che dire dell'istituzione democratica? Che
differenza può fare? La democrazia comporta processi decisionali
partecipativi da parte dei cittadini di oggi, ma le vite che possono
essere più colpite dal danno ambientale, sono quelle degli uomini del
futuro. Essi non sono, ovviamente, membri partecipanti della
governance democratica di oggi. Come può l'attuale generazione
riflettere sulle sue responsabilità per la gente del futuro?
Circa
i gravi problemi della generazione presente, l’analisi economica ha
mostrato che la povertà e le carestie possono essere facilmente prevenuti
con l'azione pubblica, dato che le carestie non sono inevitabili, anche
con una ridotta disponibilità pro capite di cibo. La questione che si
pone, quindi, è quella di influenzare la politica pubblica.
Come influisce la democrazia sulla politica pubblica corrente?
Nella
storia delle terribili carestie nel mondo, non vi è alcun caso in cui si
sia verificata una carestia in un paese che è indipendente ed ha una
democrazia che funziona, con i partiti di opposizione che operano
liberamente, ed una stampa senza censura. Democrazie con libero dibattito
pubblico e assenza della censura governativa, forniscono i mezzi per il
perseguimento della giustizia sociale in moltissimi campi, e rendere
giustizia alla futura gente può essere un'efficace integrazione del libero
impegno democratico. Aprire la discussione pubblica è un buon mezzo per
mettere in campo le nostre responsabilità verso le generazioni future.
Così
la nostra responsabilità nel perseguire lo sviluppo sostenibile certamente
comprende il ruolo dei cittadini di oggi per discutere la difficile
situazione del mondo che si estende oltre la propria vita.
I
dibattiti non sono oggi intorno alla necessità di un accordo globale sul
comportamento ambientale, ma riguardano la divisione dei costi e delle
responsabilità nel la sfida globale. Siamo in grado di trarre vantaggio in
tutto il mondo attraverso vincoli obbligatori per abbattere il livello di
inquinamento globale. Ma diversi sono i punti di vista sul burden sharing
dei costi della crisi e della transizione.
Lo
sviluppo sostenibile è diventato il tema dominante in gran parte della
letteratura ambientale. L'idea ha ispirato anche alcuni protocolli
internazionali di importanza rilevante per un'azione concertata, e
motivato molti grandi raduni internazionali - come Rio de Janeiro nel
1992, Johannesburg nel 2002, e anche la conferenza sul riscaldamento
globale a Copenaghen del 2009.
Siamo
chiamati a pensare non solo a perseguire la realizzazione dei nostri
bisogni, ma più in generale, si tratta di mantenere - o ampliare - la
nostra libertà (compresa la libertà di soddisfare le nostre esigenze).
Così ridefinita, la libertà sostenibile può essere estesa dalle
formulazioni classiche proposte dalla Brundtland e da Solow per includere
la conservazione e, quando possibile espandere, le libertà sostanziali e
le capacità degli uomini di oggi "senza compromettere la capacità delle
generazioni future" per avere altrettanta o maggiore libertà.
Il
significato della nostra vita non può essere confinato nel piccolo ambito
del nostro tenore di vita, o dell’appagamento dei nostri bisogni. Certo,
abbiamo i nostri bisogni, ma la nostra qualità umana ci può portare ben
oltre....
(>
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AGOSTO 2010:
ALLA RICERCA DELLE SOLUZIONI:
DALLA FRANCIA IL PROCESSO DI GRENELLE
E IL RAPPORTO STIGLITZ
di Paolo degli Espinosa,
Agosto 2010
Per il suo carattere plurisettoriale,
integrato, economicamente strumentato, il processo Grenelle appare molto
più ampio e incisivo rispetto ai procedimenti “deboli”, perché
tendenzialmente marginali ed episodici dell’Agenda 21 o alle
strumentazioni altrettanto “deboli” dei ministri e assessori con
delega all’ambiente - ma non all’energia – collocati ai vari livelli
istituzionali.
La legislazione partecipata Grenelle è
il primo “ponte” storicamente disponibile che possa collegare la “politica
ambientale” con le necessità, come dice Giorgio Ruffolo (GazzettAmbiente,
n. 4, pag. 5) di “un modello nuovo, alternativo, di produzione e
consumo, obiettivo non perseguibile senza il largo consenso della
collettività e un coerente apprestamento delle risorse necessarie”.
Resta tuttora aperto, anche dopo l’avvio di Grenelle, il problema del
benessere individuale, quindi della “rotazione” delle esigenze in
accordo con Stiglitz.
La legislazione Grenelle,non provvede
esplicitamente al cambiamento della impostazione dell’economia e ad una
innovazione, realistica e incisiva, del benessere. Quando nel 2007 è stato
avviato il processo Grenelle, il Rapporto Stiglitz-2009 non era ancora
stato pubblicato, quindi Grenelle non poteva tenerne conto. Poteva bensì
dare più peso e più strumenti al tema del cambiamento delle esigenze, già
ben noto. Si può anche osservare, reciprocamente, che il rapporto Stiglitz,
da parte sua, avrebbe potuto citare il processo Grenelle come terreno di
sperimentazione e di intervento della nuova impostazione dell’economia e
del benessere ....
(>
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GIUGNO 2010: UNA CRISI COGNITIVA
Considerazioni sullo stato della società
italiana
di Carlo DonoloDa tempo quando si riflette sulla
società italiana si fa ricorso alla parola crisi. E' un termine generico
che fa pensare all'esistenza di problemi seri. Ma quali? Siamo abituati a
parlare di crisi economica, specie nell'ultimo anno, ma del resto anche
come fenomeno ricorrente. Di crisi sociale, di crisi politica, pensando
all'instabilità dei governi, delle stesse maggioranze e colazioni.In primo luogo l'economia, in
genere, e più specificamente il debito pubblico, il mercato del lavoro, lo
stato di salute delle imprese. I sentimenti collettivi sono ambivalenti al
riguardo. Che ci sia crisi vuol dire in primo luogo “le cose che non
vanno” o che addirittura vanno sempre peggio: si pensa al reddito ai
consumi all'occupazione, giovanile ma non solo, dato che ora anche molti
adulti sono a rischio. Si pensa in termini di sicurezza urbana, di perdita
di certezze, e il diffuso disorientamento (non si sa da dove venga e dove
vada questa crisi, sebbene certamente ci travolga), fa propendere per la
ricerca di rassicurazioni vicine, tra famiglia, localismo e corporativismo
... (>
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