LA BASE INFORMATIVA
DELLA CIRCULAR ECONOMY
a cura
della
MR - Materia rinnovabile:
la rivista bimestrale italiana dell'economia circolare
(>
leggi e scarica i numeri di MR)
I
I RAPPORTI GUIDA DELLA CIRCULAR ECONOMY
2013 - 2015. ELLEN MAC ARTHUR
FOUNDATION
Growth within: a
circular economy vision for a competitive Europe
Towards the
circular economy:
Vol 1. Economic and business rationale for an
accelerated transition
Vol 2.
Opportunities for the consumer goods sector
Vol. 3.
Accelerating the
scale-up across global supply chains
Marzo
2015. Fondazione per lo sviluppo sostenibile
Appunti di
economia circolare
(>
vai alla presentazione)
2011 - 2015. COMMISSIONE
EUROPEA
Agosto 2014. IEEP.
Scoping study to identify potential circular economy actions, priority
sectors, material flows & value chains
Luglio 2014. Verso un'economia circolare: programma
per un'Europa a zero rifiuti
Giugno 2014. EEA
Signals 2014. Well-being and the environment.
Building a resource-efficient and
circular economy in Europe
Settembre 2011. Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell'impiego
delle risorse
2013.
Karlskrona
University
Be in the Loop:
Circular Economy & Strategic Sustainable Development
Novembre 2011. Mc Kinsey &
C.
Resource
Revolution: Meeting the world’s energy, materials, food, and water needs
2002. William McDonough
Cradle to Cradle
Remaking the Way We Make Things
non disponibile per la lettura
in rete
f |
ECONOMIA
CIRCOLARE, GREEN ECONOMY E SVILUPPO SOSTENIBILE
di Toni Federico, febbraio
2019
Materia ed energia
alimentano e la vita degli ecosistemi terrestri consentendo loro di tenersi
lontani dalla condizione di sistema isolato che li condannerebbe alla morte
termodinamica (Lord
Kelvin).
Negli ecosistemi naturali i flussi di materia e di energia sono mirabilmente
regolati in modo che i processi biologici e la stessa evoluzione delle
specie siano garantiti in una sorta di processo rigenerativo autopoietico.
Negli ecosistemi dominati
dall’uomo questo equilibrio non esiste più ed i processi si linearizzano
fortemente alimentandosi di materia ed energia esogene e producendo scarti e
rifiuti continuamente crescenti, che tendenzialmente superano la resilienza
ecosistemica. Le sorgenti prevalenti di energia e materia sono i
combustibili fossili, l’estrazione mineraria e lo sfruttamento industriale
delle risorse naturali.
Energia e materia si
conservano in ognuno di questi processi (I
Principio della termodinamica
e
Legge di Lavoisier)
ma perdono capacità di fornire lavoro (acquistano entropia) e qualità
ordinale. Vanno perciò continuamente sostituite da nuovi flussi e nuove
risorse. L’equivalenza di Einstein, E = mc2,
ha confermato la conservazione della massa e dell’energia in tutti i
processi, come entità unica. Per la materia però non esiste un II Principio,
il flusso lineare non è quindi obbligatorio.
Il superamento di questa
contraddizione e quindi,
in
primis, la
conservazione della ricchezza ecosistemica per le generazioni future, è la
ragion d’essere dello sviluppo sostenibile. Inseparabilmente economia,
società ed ambiente ne fanno parte. La
green
economy è il luogo
di esistenza di una economia sostenibile. Al suo interno tutti i flussi di
risorse devono essere ordinati alla sostenibilità.
In materia di energia il
paradigma dello sviluppo sostenibile è la
rinnovabilità. Esso
prende atto della ineliminabile natura lineare dei flussi energetici e
sposta le sorgenti di energia ad alta temperatura (a bassa entropia, capaci
cioè di effettuare lavoro) dai combustibili fossili, essi pure storica
accumulazione dell’attività solare e naturale, all’energia solare, con i
suoi derivati diretti, vento, pioggia, biomasse.
Esiste un paradigma
altrettanto netto per la materia? La materia è sempre recuperabile dagli
scarti dei processi lineari
take-make-consume-dispose
purché si disponga di abbastanza energia e di abbastanza intelligenza,
conoscenza e tecnologia che sono risorse rinnovabili, ed innovabili, se lo
sviluppo umano è sostenibile. L’uso sostenibile delle risorse materiali
potrebbe essere assicurato quindi da una oculata combinazione di apporti
vergini e di quote materiali in recupero mediante
feedback loop
circolari.
L’economia delle risorse
naturali ha caratterizzato per due decenni gli sforzi di ricerca dell’area
ambientalista tedesca, in particolare del
Wuppertal Institut
di
Ernst Ulrich von Weizsäcker
e del
SERI
di
Fritz Hinterberger.
I passaggi filologicamente
obbligati di questa esperienza sono il
Fattore 4
del 1997, pubblicato in risposta alle preoccupazioni espresse dal Club di
Roma per l’esaurimento delle risorse, ripubblicato nel 2009 in
Fattore 5 che prospetta un risparmio
delle risorse dell’80%. Anche il movimento
Fattore 10
di
Schmidt-Bleek
deriva dallo stesso ceppo culturale. Importanti metodi di analisi dei flussi
di materia, in un periodo precedente all’affermarsi dei metodi di
Life Cycle Assessment,
nascono in Germania assieme a concetti cardine come la modernissima proposta
di sostituzione delle merci vendute in proprietà privata con i servizi da
esse resi alle persone. Fu sviluppato negli anni ‘90 un metodo di analisi di
largo successo come il MIPS,
Material Input Per Service unit,
che ebbe applicazioni anche in Italia (ENEA).
Questo filone di pensiero
faceva esplicito riferimento a cicli industriali intrinsecamente lineari.
Solo recentemente questa visione datata è stata in parte corretta dagli
autori più rappresentativi.
Scavando nella tradizione
ambientalista i semi della circolarità si trovano in una varietà di
discipline scientifiche. Tra esse nella più volte citata ecologia economica,
che ha una lunga tradizione nel riciclo, si segnalano:
Boulding, 1966
(L’economia
dell’astronave Terra);
Georgescu-Roegen, 1971;
Daly, 1996;
Ayres, 1999
(La
quarta legge … ).
Progenitori certi a vario titolo sono la
simbiosi industriale
(Yale,
2012); il
filone della
Cleaner
production (si veda
il numero speciale della
Rivista del 2004),
quello
dalla
culla alla culla (McDonough,
2002),
quello della biomimetica (Benyus,
2002); il
capitalismo naturale
(Hawken
et al., 2007)
e la
blue
economy con il
concetto di emissioni zero (Pauli,
2010).
Crediamo però che il
successo della circolarità della materia nei sistemi industriali vada visto
piuttosto come frutto di concreti interessi che come evoluzione matura
dell’elaborazione ambientalista. Tutti concordano oggi nel fissare nel 2012,
in piena crisi economica mondiale, la data di nascita dell’economia
circolare ad opera di un’Agenzia inglese per lo sviluppo industriale, la
Ellen McArthur Foundation
con i quattro volumi
Towards
the Circular Economy (Vol.1.
Economic and business rationale for an accelerated transition)
cui si aggiungeranno
on the
road altri operatori
autorevoli e meritori, come la
McKinsey & Company,
attenti all’ambiente ed allo sviluppo sostenibile, ma non certo con visioni
disinteressate.
Lo schema dell'economia
circolare rigenerativa della Ellen McArthur Foundation, 2012
Il 2012 è stato scelto come
il principale punto di riferimento per le analisi storiche dell’economia
circolare a partire dalla definizione data dal primo rapporto dalla Ellen
MacArthur Foundation: "L’economia circolare è un sistema industriale
rigenerativo per programma e progetto. Sostituisce il concetto di
fine
vita con quello di
conservazione, si sposta verso l'uso delle energia rinnovabili, elimina
l’uso di sostanze chimiche tossiche, che compromettono il riutilizzo e mira
all’eliminazione dei rifiuti attraverso la progettazione ad alto livello di
materiali, prodotti, sistemi e, all'interno di questi, di nuovi modelli di
business".
Uno
studio filologico
mediante analisi dei testi (2017) ritrova da allora ad oggi 114 definizioni
che contengono 95 concettualizzazioni diverse di economia circolare. Lo
studio ne propone una: "L'economia circolare descrive un sistema economico
che si basa su modelli di
business che
sostituiscono il concetto di
fine
vita con la
riduzione, il riutilizzo, il riciclo e il recupero dei materiali nella
produzione/distribuzione e nei processi di consumo, che agiscono a livello
micro (prodotti, aziende, consumatori), meso (parchi eco-industriali) e
macro (città, regioni, nazioni etc.), con l'obiettivo di realizzare uno
sviluppo sostenibile, che implica la creazione di qualità ambientale,
prosperità economica ed equità sociale, a beneficio delle generazioni
attuali e future". È evidente qui, come altrove, il tentativo di accreditare
l’economia circolare come una visione del mondo, l’ennesima.
Varie strutture R sono
state utilizzate nel mondo accademico e dai professionisti per decadi prima
dell’economia circolare, tanto che non si riesce a trovare per esse
un’origine dei tempi. Molti autori vedono oggi nei modelli R il
come-fare
dell’economia circolare, e quindi un principio fondamentale di essa. Il più
importante è il modello 3R,
Reduce,
Reuse, Recycle, che
è anche al centro della
Legge di promozione dell'economia circolare
del 2008 della Repubblica popolare cinese. Un modello 4R è al centro
Direttiva quadro sui rifiuti dell'Unione Europea del
2008, che
introduce un indigesto
Recover
energetico come quarta R. Tutti i modelli R condividono una gerarchia
intrinseca, dal primo R all’ultimo, come si vede nel più complesso R9.
Già nel 2002 gli autori
degli scritti
Cradle
to cradle (C2C), un
approccio su cui si basa l’economia circolare, affermavano che "waste
equals food" ma
osservavano che la maggior parte del riciclaggio è in realtà un
downcycling che
riduce la qualità di un materiale nel tempo. Di qui il suggerimento di
ripensare radicalmente i processi di produzione, distribuzione e consumo
prima di procedere al riciclaggio e quindi al trattamento gerarchico dei
rifiuti secondo i modelli R, istanza fatta pienamente propria dai paradigmi
moderni dell’economia circolare, dove i materiali arrivano allo stato di
rifiuto solo dopo aver percorso una serie di
feedback loop di
livello superiore.
Nell’economia lineare (Ronchi,
2018) la fonte del
valore è il prodotto; il profitto è pari alla differenza fra prezzo di
mercato e costo di produzione; per aumentare i profitti si punta a vendere
più prodotti e a minimizzare i costi di produzione, salari compresi;
l’innovazione tecnologica è spesso utilizzata per rendere i prodotti
rapidamente obsoleti e stimolare i consumatori ad acquistarne di nuovi.
Possedere il prodotto è considerata la via normale per utilizzarlo. Farlo
riparare è in genere difficile e costoso. I prodotti a fine vita o obsoleti
sono considerati un peso da smaltire spendendo il meno possibile.
Nell’economia circolare i
prodotti sono parte di un modello di
business integrato,
focalizzato sulla fornitura di un servizio. La competizione è basata sulla
creazione di un valore aggiunto del servizio offerto da un prodotto e non
sul prezzo di mercato. I prodotti sono parte degli
asset
dell’impresa e la responsabilità estesa del produttore garantisce la
longevità del prodotto, il suo riuso, la sua riparabilità e riciclabilità.
Per soddisfare le necessità del cliente, si punta, oltre che
sull’accessibilità al prodotto, sulla soddisfazione che ne deriva dall’uso.
Differenti segmenti di consumatori possono accedere ai servizi forniti dai
prodotti a loro scelta, senza possederli. O possono ricorrere a utilizzi
condivisi (sharing)
dello stesso prodotto. Il contratto di fruizione del servizio fornisce
l’incentivo al produttore per la cura del prodotto nonché per farlo
ritornare al fornitore dopo l’uso.
L'obiettivo centrale della
CE è il mantenimento della funzione e del valore di prodotti, componenti e
materiali al più alto livello possibile e l'estensione della durata di vita
di tali prodotti per contenere l'uso di risorse naturali vergini e gli
impatti ambientali associati alla creazione di nuove merci. Sebbene il
riciclaggio catturi alcuni di questi valori, le perdite sono inevitabili.
Riparazione, riutilizzo, ristrutturazione, rigenerazione, condivisione dei
prodotti, prevenzione e riciclaggio dei rifiuti sono tutti fattori
importanti della economia circolare, ma sono tutte categorie che richiedono
una progettazione mirata (eco-design).
Il progetto di un prodotto ne determina in larga misura la longevità, la
riparabilità, la riciclabilità, la percentuale d’uso di materiale riciclato
e rinnovabile e la sua idoneità per il rinnovamento o la rigenerazione. Il
design del prodotto
determina quindi il potenziale di circolarità di un prodotto.
Le perdite materiali
attraverso la discarica e l'incenerimento potranno continuare a svolgere un
ruolo molto ridotto nella rimozione sicura di sostanze pericolose dalla
biosfera e nel recupero di energia da rifiuti non riciclabili. L’economia
circolare è dunque la metafora moderna dell’economia delle risorse naturali
e dà il quadro
how-to
(del come-fare) alla
green
economy e, per essa,
allo stesso concetto
di sviluppo sostenibile del quale l’una e l’altra, nell’ordine la
green
e la
circular, non sono
altro che istanziazioni operazionali.
L’applicazione industriale
delle biotecnologie apre la strada alla bioeconomia. Lineare come tante
altre attività industriali, la bioeconomia diviene circolare quando è intesa
come rigenerazione territoriale (Bastioli).
Le materie prime circolari non sono in quanto tali la soluzione a tutti i
problemi dell’inquinamento: le stesse colture agricole possono avere impatti
completamente diversi a seconda del territorio in cui vengono coltivate. Non
si deve pensare la bioeconomia come sinonimo di biomasse in grandi quantità,
a basso costo e in qualunque parte del pianeta, ma adottare l’approccio
circolare delle filiere integrate, interconnesse e interdisciplinari, dove
la terra, la sua qualità e biodiversità e l’uso efficiente delle risorse,
nel rispetto della dignità delle persone, diventano il centro di una
rigenerazione culturale oltreché industriale, ambientale e sociale.
L’Italia, grazie al lavoro pionieristico di tanti anni e a una cultura dei
territori che ha origini lontane, può essere protagonista di questa
fondamentale evoluzione. È il caso della Novamont con i prodotti Mater-Bi®,
che comprendono la complessazione degli amidi, altre leghe polimeriche; i
poliesteri Origo-Bi®; l’acido azelaico e l’acido pelargonico attraverso la
scissione ossidativa di oli vegetali senza utilizzo di ozono; l’1,4
butandiolo ottenuto da fermentazione di zuccheri utilizzando microorganismi
ingegnerizzati allo scopo. Le bioplastiche di quarta generazione in
Mater-Bi® sono il frutto della combinazione di queste quattro tecnologie che
alimentano filiere agroindustriali integrate e basate su un utilizzo
sostenibile della biomassa.
La
Ellen MacArthur Foundation,
nell’ambito del progetto
Circularity Indicators
ha elaborato una
metodologia a servizio delle aziende per valutare le prestazioni in tema di
circolarità e per misurare i progressi.
La Commissione Europea,
secondo gli impegni assunti nel 2015 con il
Piano d’Azione per l’Economia Circolare,
e con
l’Assessment del 2017,
ha adottato nel gennaio del 2018 il
Quadro di monitoraggio per l’economia circolare
con l’obiettivo di misurare i progressi compiuti verso un’economia circolare
secondo un approccio multidimensionale in tutte le fasi del ciclo di vita
delle risorse, materiali, acqua ed energia, rinnovabili e non rinnovabili
dei prodotti e dei servizi. Il documento include 10 indicatori raggruppati
in 4 macro aree: produzione e consumo; gestione dei rifiuti; materie prime
secondarie e competitività ed innovazione. Eurostat dedica
una pagina web
agli indicatori di economia
circolare.
Ora anche l’Italia si è
dotata di una sua proposta per iniziativa del MATTM e del MISE e il supporto
ENEA in:
Indicatori per la misurazione dell’economia circolare.
Nella proposta
italiana il numero degli indicatori è esploso. Tra quelli disponibili,
calcolabili e futuri se ne contano oltre trenta, tre volte il quadro degli
indicatori EU. Non una grande idea per fare chiarezza sulla evoluzione verso
la circolarità dell’economia italiana.
A conti fatti non esiste un
metodo standardizzato e ben definito per misurare la circolarità a livello
micro che include le imprese e i prodotti. Non c’è un metodo riconosciuto
per misurare come un'azienda sta facendo la transizione da lineare a
circolare. Uno
studio svedese del 2017
passa in rassegna le proposte disponibili e stabilisce che la misura a
livello di prodotto debba essere
la
frazione di un prodotto che proviene da prodotti usati.
Per superare i limiti della comune
Material Flow Analysis,
suggerisce di aggregare i
flussi allocando dei pesi ai diversi materiali e componenti, basati sul
valore di mercato o sulla scarsità. L’indice c di circolarità è il seguente:
La metrica proposta non
contiene informazioni riguardanti questioni legate all'economia circolare,
compresa tossicità, creazione di posti di lavoro, impatti ambientali e il
modo in cui i prodotti sono venduti (ad es. sistemi di servizio del
prodotto). La metrica si limita a misurare il grado di materiale diretto
ricircolato nel prodotto ponderato per costi, compresi i costi di materiale
e di manodopera. Risorse indirette utilizzate nel processo di produzione,
come attrezzature, strumenti, acqua, prodotti chimici, energia, ecc. non
sono inclusi ma, in teoria, la circolarità delle risorse indirette potrebbe
essere calcolata e aggiunta. Un altro punto debole della metrica è che non
distingue prodotti con diverse durate di vita.
TORNA SU
THE CIRCULAR
ECONOMY
by Edo Ronchi, 2015
According to the European
Environmental Agency, the circular economy is a relevant part of
the green economy, which more widely deals with the human welfare,
lifestyles and consumption mo dels,
for an extensive and inclusive wellbeing and with natural capital,
ecosystems resilience and ecosystem services preservation.
At the root of the growing
interest for the circular economy there is the no longer avoidable need to
save both renewable and non renewable natural resources according to a more
efficient use. Since 1900 the world population has grown by a factor 4.
Resource consumption grew by a factor 10 and it is expected to double by
2030.
A circular economy refers to an
industrial model regenerative by intention, in which products are designed
to facilitate reuse, disassembling, restoration and recycling to allow that
a large amount of materials are re-used instead of being produced by primary
extraction. A circular economy refers to a model in which we keep resources
in use as long as possible to extract the maximum value from them whilst in
use, and then to recover and regenerate products and materials at the end of
their service life.
In closed loop supply chains, in
addition to typical forward flows there are reverse flows of used products (postconsumer
use) back to manufacturers. Examples include supply chains with consumer
returns, leasing options and end-of-use returns with remanufacturing. The
circular economy requires a very careful management of two material flows:
biological nutrients (biomasses) to be returned safely to the biosphere to
restore the natural capital; technical nutrients (materials) designed to
keep quality and circulate without entering back in the biosphere.
Our economies have referred to a linear
pattern growth (take-make-consume-dispose) assuming that resources are
abundant, available, and cheap to dispose. Instead we need a circular model
for the economy in which materials and products are re-used, repaired,
refurbished and recycled. A more efficient resource use will disclose new
growth opportunities and job creation: increasing resource productivity by
30% by 2030 could boost GDP by 1% while creating 2 million new jobs. Moving
towards a circular economy is at the heart of the resource efficiency agenda
established under the Europe 2020 Strategy for smart, sustainable and
inclusive growth.
The idea of circular flows of materials
as a model for the economy when resources are scarce and limited was
proposed in 1966 by Kenneth Boulding, that compared the economy of the earth
to that of a spaceship. By analysing the production cycles, the industrial
ecology has focussed on impacts arising from inefficient use of energy and
materials as well as impacts related to waste production and disposal. In
the ’70s, the closed loop concept was introduced, illustrated by the
expression Cradle-to-Cradle, in opposition to Cradle-to-Grave.
The industrial symbiosis or industrial metabolism, focusses on sustainable
management, by quantity and quality of materials and energy entering and
leaving production processes. This is done by enabling networks of
industries from different sectors to exchange energy and resources according
to demand and supply mechanisms. Waste of one industrial sector might be a
raw material for other production purposes; heat produced by a process can
be recovered in another process; shared logistics, etc.
The biomimicry, by studying the natural
processes as models to be replicated in human activities, has inspired the
idea of imitation of natural cycles able to continuous regeneration. The
biomimicry idea has been recently adopted by the practitioners of the Blue
Economy.
Seven issues for the development of
a circular economy
To develop
eco-design is a key figure of the circular economy. New engineering, or
re-engineering, of production processes, goods, services and value chains
according to the eco-design criteria means:
-
boosting resource and energy
efficiency;
-
eliminating toxic and dangerous
chemicals;
-
reducing environmental impacts in
production, consumption and end-of-life management;
-
increasing products re-use,
regeneration and material recycling;
-
preventing waste production and
disposal.
Analyse and modify existing products
and production processes, that is:
-
Verify and improve the current
scientific and management models - Life Cycle Assessment algorithms,
environmental management systems, ISO, EMAS, certification of products,
to make the circular economy criteria more effective;
-
Adopt very specific models to
maximize resource efficiency towards zero waste.
Develop research and eco-innovation.
In order to enable circular economy models to reduce material and energy
consumption while lasting and improving well-being, it is important to refer,
more and better, to the greatest renewable resource we have: the knowledge.
Scientific research and innovation applied to the fields of new materials,
of product design and of supply chain optimization, can help to multiply the
opportunities for resource efficiency through reuse, regeneration, duration
and recyclability of products, components and materials.
Develop production and use of
renewable energy and materials. Circular economy models require to move
away from fossil fuels – which are limited, not renewable and with high
climate impact - in favour of renewable energy sources only. Though most of
them, if properly managed, can be recycled with limited environmental
impacts, more complex is to move away from use of non renewable materials.
However, a more consistent way towards circular economy models requires the
adoption of renewable materials, provided that their production should not
compete with food production and the preservation of natural capital and
ecosystem services.
Zero waste to dispose. In a
circular economy model waste are not disposed, but re-used as resources. In
this respect, it is necessary to make waste prevention policies more
effective and efficient as well as to identify and remove barriers that
prevent the maximization of recycling of all type of waste. Energy recovery
from waste should be minimized and has to be addressed according to the best
available technologies in terms of efficiency and reduced environmental
impacts.
Address inner, multiples and cascade
circles. The power of inner circles refers to minimizing material usage
by addressing the recovery of end-of-life products in the value chain close
to the consumption phase. Within this approach, very little has to be
changed in products (i.e. refurbishment and remanufacturing) prior to return
to use. This approach allows high return on collection and treatment costs
in comparison to disposal. The power of multiple circles refers to
maximizing the number of consecutive cycles - be it reuse, remanufacturing,
or recycling- and/or the time in each cycle. This approach best fits with
business models related to de-linking of the property of products by
consumers. The power of cascade circles refers to diversifying reuse across
the value chain allowing that waste of one consumption phase, easily become
a raw material for producing other goods.
Targets and national action plans.
With reference to already existing consolidated experiences, like that of
the People's Republic of China, that integrates a circular economy program
in the five-year action plan for the development of the national economy,
while waiting for the circular economy package of measures announced by the
EU Commission by end 2015, it might be useful to start definining a National
Action Plan, according to well defined measures and targets.
Three issues to debate about
circular economy limits
The rebound effect as in the
Jevons paradox. The increase of efficiency in materials use, allowing the
reduction of production costs and selling prices, can promote an increase of
consumption and so the pressure on natural resources. It is very important
to keep in mind that the circular model may allow a relative decoupling –
reduction of material use by unit of product –, but not necessarily an
absolute saving of resources. In fact, when the consumption increases,
materials recovered from end-of-life products do not satisfy the demand of
raw materials for new productions.
Material recycling is not for free
or unlimited. Some loss of material quantities from products happens
during use, re-use and recycling phases (i.e. think about car tyres or scrap
in recycling activities). The recycling activity is not free of resource
consumption: it requires machineries, energy, water and additional materials.
There are materials more easily recyclable, such as glass, or more difficult
to recycle such as some plastic polymers. In general materials are not
recyclable indefinitely. It is important to avoid the mistake of considering
the circular economy as a sort of “perpetual motion” that allows unlimited
industrial growth.
Circularity in use of biomasses and
renewable materials allows improvement in resource efficiency, but do
not ensure per se sustainability in ecological and social terms. The biomass
use for industrial and energetic purposes, even if managed within circular
models, may compete with food production. However, food production have to
be the priority of the agricultural sector. As in the natural cycles,
circular models based on renewable materials return organic materials to the
soil. In nature this happens according to the resilience and the restoration
time of ecosystems. This is not the case of the circular models for
renewabvle materials within industrial schemes: in cutting a forest the loss
of biodiversity is not offset by giving back to soil organic materials from
wood recycling.
TORNA SU
APPUNTI DI ECONOMIA
CIRCOLARE
Un Rapporto della Fondazione per lo
sviluppo sostenibile: "I fondamenti dell'economia circolare", di Toni
Federico, marzo 2015
(>
scarica l'intero Rapporto del marzo 2015 sull'economia circolare)
L’economia circolare è un sistema economico
ricco di risorse e un motore per l’innovazione,
che porta benefici costanti alla società, oggi e in futuro. È pianificata,
cradle-to-cradle, per un ricircolo infinito di materiali tecnici e
biologici puliti, energia, acqua e ingenuità umana.
Essenzialmente l’economia circolare restituisce le risorse. Il nostro
obiettivo è un mondo
deliziosamente diverso, sicuro, sano e giusto – con aria, suolo, acqua ed
energia puliti –
goduto economicamente, equamente, ecologicamente ed elegantemente.
Diversamente, il futuro porterà un deserto globale.
William McDonough,
intervista a MR, n° 6-7, 2015
Indice
Presentazione
1. Green economy ed
economia circolare
2. Materia ed energia
3. Termodinamica
dell’economia circolare
4. Dall’economia lineare
all’economia circolare
5. La trasformazione del
consumatore in utente
6. I principi operazionali
dell’economia circolare
7. La creazione del valore
nell’economia circolare
8. Efficienza lineare ed
efficacia circolare
9. Il business case
dell’economia circolare
10. Job creation
nell’economia circolare
11. Una governance
per l’economia circolare
11.1 Il modello europeo
di ”soft governance “ dell’economia circolare
11.2 Il modello cinese
di ”hard governance” dell’economia circolare pianificata
APPENDICE A
- Le origini e le scuole di pensiero dell’economia circolare
Presentazione. Il
nucleo della green economy
è la produzione pulita (clean) e sicura di beni, materiali ed
energia, la ricostruzione degli ecosistemi naturali, la minimizzazione delle
emissioni e dell’inquinamento e l’uso efficiente delle risorse non
rinnovabili. La
green economy è circolare, poiché
l’uso efficiente delle risorse impone la minimizzazione dei rifiuti e la
loro trasformazione in materia prima di nuovi prodotti. La green economy
è bio-based, perché utilizza materie prime derivate da piante e
rifiuti piuttosto che minerali e fossili non rinnovabili.
L’economia green è basata su un
concetto nuovo di ricchezza e di benessere, non più basato sull’espansione
del PIL e dei consumi, che dal punto di vista sistemico sono flussi,
quanto dalla’accrescimento degli stock di capitale, costruito, umano,
naturale e sociale, oltreché, naturalmente finanziario. In questa visione i
flussi di denaro e di risorse non sono più i parametri guida della ricchezza
ma variabili interne al sistema dove presiedono agli scambi.
Il concetto di economia circolare
precede di molto quello della green economy ed ha avuto molte
varianti. La più tradizionale è la industrial ecology. Importanti
successi applicativi vanno attribuiti alla blue economy di Gunter
Pauli. Più o meno di recente, su queste stesse basi teoriche, sono fiorite
iniziative di ogni tipo, perma(nent agri)culture, cradle to
cradle, biomimesi, etc., tutte convergenti verso la circular economy
Green economy ed economia circolare
I punti fermi di questi concetti devono essere trovati nelle definizioni
date dai promotori di questi nuovi tipi di economia. Anzitutto adottiamo
anche noi la definizione operazionale che l'UNEP ha dato della Green
Economy: “Un sistema di attività economiche legate alla
produzione, distribuzione e consumo di beni e servizi che si traduce in un
migliore benessere umano nel lungo periodo, per non esporre le generazioni
future a rischi ambientali significativi e alla scarsità ecologica”.
Non può sfuggire la somiglianza della costruzione di questa frase alla
notissima definizione di sviluppo sostenibile della Brundtland.
L’economia circolare è un'economia in cui i rifiuti di un processo di
produzione e consumo circolano come nuovo ingresso nello stesso o in un
differente processo. Anche qui la definizione più autorevole è quella della
Fondazione Ellen MacArthur:
la
circular economy
è "un'economia industriale che è concettualmente rigenerativa e riproduce la
natura nel migliorare e ottimizzare in modo attivo i sistemi mediante i
quali opera".
I capitali naturali – ecosistemi, biomi etc. - vengono protetti e
ricostruiti. Non ci sono scarti di processo nelle catene del valore
industriali, in quanto essi diventano alimentazione (feedstock) per
altri.
La materia fluisce nei processi industriali attraverso due cicli: il
biologico, in cui i materiali sono progettati per tornare in sicurezza
nella biosfera; e il tecnico, in cui i materiali circolano
mantenendosi in grado di rientrare nei processi con un alto livello di
qualità e senza impattare la biosfera. Quanto più puri sono questi flussi e
quanto migliore è la qualità con cui essi circolano, tanto maggiore è il
valore aggiunto che viene prodotto dall’economia circolare.
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