La Green economy in Europa

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UN "NEW DEAL" VERDE PER L'EUROPA

per la modernizzazione ecologica di fronte alla crisi

Wuppertal Institute for Climate, Environment and Energy, dicembre 2009

documento preparato per la GEF ed il Parlamento Europeo

In seguito alla crisi economico-finanziaria del 2008, diversi governi hanno scelto di dare un forte contributo alla politica economica attiva varando pacchetti per la ripresa. La maggior parte dei piani anticrisi contiene elementi "verdi", talvolta anche di dimensioni importanti. Da questo punto di vista, i programmi di rilancio europei sono modesti, in termini sia relativi che assoluti, soprattutto se raffrontati con quelli asiatici, ma sul piano globale è lecito attendersi una forte domanda, stimolata dagli Stati, che sospingerà i mercati green.

Quali saranno gli effetti concreti del green stimulus, ovvero dello stimolo fiscale in campo ambientale dei piani di ripresa,non è ancora dato sapere. In molti casi, il dibattito sulle dimensioni effettive, sugli interventi e persino sugli eventuali pacchetti aggiuntivi è ancora aperto. Il raffronto tra le green share - quote verdi, o componenti ambientali - dei programmi di ripresa risulta spesso difficile, tenuto conto anche del fatto che non esiste un consenso generale su quali misure siano da ritenersi "verdi". Questa è una delle principali ragioni per cui l'Europa deve acquisire una visione chiara di cosa significhi un New Deal verde.

Numerosi studi e pareri circa la componente ambientale dei programmi di rilancio focalizzano l'attenzione sulle questioni climatiche ed energetiche, ma un New Deal verde  deve essere  qualcosa di più di una risposta ai cambiamenti climatici. Il nuovo corso, infatti, deve promuovere le ecoindustrie partendo da una chiara visione di come deve dipanarsi il processo di modernizzazione ecologica dell'economia.

In base alla definizione di ecoindustrie fornita da Eurostat e dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), si intende per New Deal verde un insieme di investimenti mirati destinati ad attività di produzione di beni e servizi atti a misurare, prevenire, limitare, ridurre al minimo o correggere i danni ambientali arrecati all'acqua, all'aria e al terreno, nonché i problemi connessi ai rifiuti, al rumore e agli ecosistemi. Sono ricomprese in questo quadro le innovazioni nel campo delle tecnologie pulite, i prodotti e i servizi che limitano il rischio ambientale e riducono al minimo l'inquinamento e l'impiego delle risorse.

Nell'Unione europea le ecoindustrie generano già un fatturato e un numero di posti di lavoro degni di nota. Diversi studi individuano ottime potenzialità di ulteriore crescita in questo campo, controbilanciate però da una disomogeneità di distribuzione all'interno dell'UE. A tale proposito, le innovazioni e le politiche industriali di successo applicate dai reparti più avanzati del mercato potrebbero diventare un modello per la diffusione attiva dell'innovazione ecologica in tutti gli Stati membri dell'UE.

Il sostegno alle ecoindustrie non è tuttavia sufficiente, perché anche una crescita economica green può diventare dannosa nel momento in cui il suo solo impatto è quello di contribuire a innalzare il livello di consumo delle risorse naturali già di per sé elevato e insostenibile. Alla luce di quanto sopra, si comprende che un New Deal verde deve essere qualcosa di più di una piattaforma tecnologica per le ecoindustrie. Esso deve essere accompagnato e guidato da una visione di come debba estrinsecarsi nellungo periodo la modernizzazione ecologica dell'industria. Un New Deal verde impone cambiamenti strutturali a tutti i livelli programmatici nell'ottica di espletare tre funzioni, ossia:

1. smantellare le strutture non sostenibili;

2. costruire strutture sostenibili;

3. fornire gli opportuni orientamenti nel medio e lungo periodo.

Un New Deal verde deve assolvere queste funzioni a livello strategico, di singole politiche comunitarie e di programmazione. (> leggi la sintesi del documento in italiano) (leggi il documento completo).

 

 

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