Il modello della Strategia è ora l'Agenda 2030 e i suoi obiettivi sono gli SDG. Il percorso di definizione della SNSvS ha preso avvio all’inizio del 2016, con l’elaborazione del “Posizionamento dell’Italia rispetto all’Agenda 2030”, un primo tentativo di verifica della distanza del nostro Paese dai target posti dall’Agenda. Si autodefinisce “Lo strumento principale per la creazione di un nuovo modello economico circolare, a basse emissioni di CO2, resiliente ai cambiamenti climatici e agli altri cambiamenti globali”. Per orientare nella giusta direzione gli sforzi di questa transizione economico-ambientale, la SNSvS definisce 5 aree di intervento, le 5P – Persone, Pianeta, Prosperità, Pace, Partnership -, ognuna delle quali è composta da un sistema di scelte strategiche declinate in obiettivi nazionali. All’approvazione in CdM, seguirà ora una seconda fase, coordinata dalla Presidenza del Consiglio, per quantificare i target, individuando metodi condivisi per il loro monitoraggio e per la valutazione del contributo delle politiche attuali e future al loro raggiungimento. Le 5P viste in dettaglio sono: Persone - Azzerare la povertà e ridurre l’esclusione sociale eliminando i divari territoriali, garantire le condizioni per lo sviluppo del potenziale umano, promuovere la salute e il benessere; Pianeta - Arrestare la perdita di biodiversità, garantire una gestione sostenibile delle risorse naturali, creare comunità e territori resilienti e custodire i paesaggi; Prosperità - Finanziare e promuovere ricerca e innovazione, garantire piena occupazione e formazione di qualità, affermare modelli sostenibili di produzione e consumo e decarbonizzare l’economia; Pace - Promuovere una società non violenta e inclusiva, eliminare ogni forma di discriminazione, assicurare la legalità e la giustizia; Partnership - Governance, diritti e lotta alle disuguaglianze, migrazione e sviluppo, salute, istruzione, agricoltura sostenibile e sicurezza alimentare, ambiente, cambiamenti climatici ed energia per lo sviluppo, salvaguardia del patrimonio culturale e naturale e il settore privato.
Ora che la Strategia è stata approvata ufficialmente, con una visione di tale profondità, ci si aspetta che il Governo rispetti l’impegno di predisporre la direttiva e un documento che dettagli la Strategia, indicando target quantitativi e strumenti attraverso cui conseguirli, in primis la Strategia energetica nazionale, il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e la Strategia per l’economia circolare, tutti documenti in fase di consultazione. (> vai alla pagina degli indicatori)
28 Settembre 2017: Pubblicato il secondo Rapporto sull'attuazione dell'Agenda 2030 in Italia
Il Rapporto 2017, secondo della serie, editato da Enrico Giovannini (in figura), portavoce dell'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASVIS), è stato presentato il 28 Ottobre in Parlamento. Anche quest'anno il Rapporto conferma che, nonostante i progressi compiuti in alcuni campi nel corso degli ultimi anni, l’Italia continua a non essere in una condizione di sviluppo sostenibile come definita dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile adottata, il 25 settembre del 2015, dai 193 Paesi dell’ONU. E non sarà in grado di centrare né i target da raggiungere entro il 2020, né quelli fissati al 2030, a meno di un cambiamento radicale del proprio modello di sviluppo. In assenza di tale cambiamento, nonostante il ritorno della crescita economica misurata in termini di Prodotto interno lordo, povertà, disuguaglianze e degrado ambientale, tanto per citare alcuni fenomeni di maggiore rilievo, non verranno ridotti in misura adeguata.
Rispetto ai 17 SDG, la situazione italiana presenta progressi, ma anche gravissimi ritardi, soprattutto nell’adozione di strategie fondamentali per il futuro del Paese, da quella energetica a quella per la lotta ai cambiamenti climatici. Peraltro, molti dei provvedimenti presi negli ultimi dodici mesi, pur andando nella giusta direzione, non sembrano in grado di assicurare il raggiungimento degli SDGs e di rispettare gli impegni internazionali presi dall’Italia (come quelli sulla povertà, sulla riduzione delle emissioni e sulla qualità degli ecosistemi). Come segnalano gli indicatori compositi presentati per la prima volta in questo Rapporto, nel corso degli ultimi anni si registra un miglioramento per obiettivi come fame e alimentazione, salute e benessere, educazione di qualità, uguaglianza di genere, infrastrutture resilienti, modelli sostenibili di consumo, mitigazione dei gas serra, tutela dei mari e giustizia per tutti). C'è al converso un sensibile peggioramento povertà, gestione delle acque, disuguaglianze ed ecosistema terrestre, mentre la situazione resta statica per energia, occupazione, città sostenibili e cooperazione internazionale. Le distanze dagli altri Paesi europei restano molto ampie, per non parlare delle forti disuguaglianze territoriali, socio-economiche e di genere presenti in Italia, in evidente contrasto con l'impegno dell’Agenda 2030 “che nessuno resti indietro". (> leggi tutto)
5 maggio 2016: La Peccei Lecture di Enrico Giovannini sull'Agenda 2030
La Peccei Lecture del cinquantenario del WWF è stata affidata ad Enrico Giovannini, portavoce dell'ASVIS, Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, già Ministro del lavoro del Governo Letta e, prima ancora, Presidente dell'ISTAT.
Il momento scelto è quello giusto, a valle del lancio dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile che l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato all'unanimità nel settembre del 2015 a New York in continuità ideale con l'Agenda 21 di Rio de Janeiro e con gli Obiettivi del Millennio, gli MDG, giunti nel 2015 alla verifica definitiva. L'Agenda 2030 si articola su 17 nuovi Obiettivi (SDG), ciascuno strutturato con i propri target e con i necessari indicatori. Il 13° SDG comprende gli obiettivi della lotta al cambiamento climatico, nella forma concordata nel dicembre 2015 dalla COP21 di Parigi.
Enrico Giovannini ha scelto di porsi in prima linea per la promozione dell'Agenda 2030 in Italia nella politica e nella società. La sua lezione magistrale registrata può essere ascoltata o scaricata da questi siti assieme al pdf della presentazione:
Ascolta la Peccei Lecture di Enrico Giovannini sull'Agenda 2030
Scarica la presentazione della Peccei Lecture di Enrico Giovannini
25-28 settembre 2015: Il Summit 2015 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile
Valutazioni conclusive
Chi non ricorda i 27 principi di Rio e l’Agenda 21? Si tratta di documenti che hanno segnato una generazione: basti pensare al gran numero di Agende 21 locali prodotte in Italia (meno altrove) e alle due Agende 21 nazionali del 1993 e del 2002. Il Summit della terra di Rio de Janeiro 1992 ha effettivamente innescato il mainstreaming dello sviluppo sostenibile (> vedi) nelle politiche mondiali, ma, in fin dei conti, il fronte del cambiamento delle politiche e delle culture è avanzato con fatica e con risultati contraddittori, come di tutta evidenza è accaduto nella lotta ai cambiamenti climatici - emissioni globali al +30% rispetto al 1990, invece che ridotte (Ronchi, 2015) - o nell’erogazione degli aiuti allo sviluppo - 3 circa contro il 7 per mille prescritto ben prima di Rio (OECD, 2014).
A fronte della ricchezza della visione dello sviluppo sostenibile di Rio, in questi anni abbiamo registrato una governance del processo molto debole e il fiorire di diatribe, nella società civile e tra addetti ai lavori, spesso superflue rispetto alla grandezza degli insegnamenti di Rio. Senza un’Agenzia globale per lo sviluppo delle Nazioni Unite, la sostenibilità è rimasta nelle mani di organismi di basso profilo, frequentate, nel migliore dei casi, dai ministri dell’ambiente ma mai da quelli dell’economia o del lavoro, né mai dai capi di governo. Questi ultimi si sono visti soltanto nelle scadenze decennali dei grandi Summit delle Nazioni Unite post Rio. È sembrato perciò fallimentare soprattutto il progetto di tenere incardinate le politiche mondiali dello sviluppo sostenibile sui tre pilastri: economia società ed ambiente.
Non sono mancate le contraddizioni in seno alle Nazioni Unite, come del resto in seno alla Comunità europea. Così come, al di là dei riconoscimenti formali, i piani di azione ambientale non sono apparsi in linea con le strategie di sviluppo in Europa – Lisbona 1 e 2 fra le altre – anche la grande iniziativa del Millennio delle Nazioni Unite è nata con logiche e da ambienti del tutto differenti dallo sviluppo sostenibile. Nel 2000 i leader della terra concordarono in Assemblea Generale 8 Millennium Development Goal (> vedi), con precisi target a scadenza quindicennale, con un approccio essenzialmente socio ambientale, un indirizzo esplicitamente rivolti ai paesi più poveri e con definizioni climatico-ambientali che non si fatica a definire marginali. Nel Rapporto di assessment 2015 degli MDG, che sarà l’ultimo della serie, vengono riconosciuti importanti progressi, in particolare nella riduzione della povertà estrema dimezzata secondo gli obiettivi e, parzialmente, nell’accesso all’istruzione e alla salute. Ma, nella Conferenza finale di Oslo, il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha dovuto ammettere che siamo ancora lontani dagli obiettivi del Millennio nella gran parte dei casi e, gravemente per il clima e il degrado ambientale.
L’urgenza di ricomporre il quadro politico generale dello sviluppo sostenibile è stata la sfida principale di cui si è fatto carico il Summit di Rio+20 del 2012. La risposta corre su due piani paralleli: ritrovare la coerenza tra economia società ed ambiente e ristabilire un quadro di governo globale per lo sviluppo sostenibile. La prima questione trova la sua chiave risolvente nella green economy, un nuovo tipo di economia inclusiva, capace di crescere eliminando le emissioni di carbonio, ricostituendo l’ambiente degradato e assicurando più occupazione di qualità in un mondo percorso da crisi tutt’altro che congiunturali. La green economy, in uscita dal Summit di Rio+20, si è arricchita di ulteriori valori sociali laddove, con la formula “Green economy in the context of sustainable development and poverty eradication”, si prescrive che la transizione economica venga accompagnata dalla eradicazione della povertà e da un modello differenziato di sviluppo che tenga conto delle specificità , delle capacità e dei livelli di sviluppo di ogni popolo.
La complessa questione della governance dello sviluppo sostenibile, che non è solo un problema di equilibri interni alle Nazioni Unite, è stata risolta, almeno parzialmente, potenziando l’UNEP, il Programma globale per l’ambiente, rendendolo rappresentativo di tutti i paesi e potenziandone il finanziamento. Viene eliminata la vecchia CSD e la responsabilità del governo viene affidata all’ECOSOC, il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, anche attraverso la costituzione di un High Level Political Forum, HPLF, un nuovo panel intergovernativo investito delle più alte responsabilità (> vedi). Si deciderà che l'HLPF tenga riunioni annuali a livello di capi di Stato, ed ogni quattro anni in convocazione ECOSOC. Ma quel che più conta è che si decide di portare a compimento gli obiettivi del millennio (MDG) assorbendoli in un ulteriore piano quindicennale per obiettivi che sarà poi sviluppato in un processo negoziale in ambito UN, con la costituzione di un Open Working Group, OWG (> vedi), per la definizione di nuovi, concreti obiettivi integrati per lo sviluppo sostenibile. Di qui nasce l’Agenda 2030, approvata dal Summit ad alto livello sullo sviluppo sostenibile dalla 70° Assemblea Generale del settembre 2015, di cui stiamo qui riferendo. La nuova Agenda poggia sui principi già stabiliti da Rio in poi, ma li inserisce in un concreto ed integrato progetto di implementazione che si basa su 17 obiettivi (SDG), 169 target e una serie di prescrizioni operative (MOI) che devono andare a compimento entro il 2030. Il Summit ratifica anche la nuova Agenzia statistica per la definizione degli indicatori (IAEG-SDG) attraverso i quali sarà controllata l’attuazione dell’Agenda 2030 in tutto il mondo, integrandola con gli uffici statistici laddove esistono e incaricandola di sviluppare le capacità necessarie per raccogliere i dati laddove non esistono ancora.
Il quadro è così completo. Naturalmente per essere l’Agenda 2030 il viatico reale per un mondo migliore occorre fare i conti con la retorica che sempre grava sui processi delle Nazioni Unite e li indebolisce, ma soprattutto con la capacità del sistema dei negoziati paralleli della Convenzione UNFCCC sul clima, che culminerà con la COP 21 di Parigi 12015. I delegati della 70° Assemblea Generale sanno, e noi tutti sappiamo bene, che se non si riuscirà ad approvare il nuovo patto universale contro i cambiamenti climatici, il contraccolpo su Agenda 2030 sarà così forte da vanificarla. Questa affermazione significa in poche parole che il primo ed ineludibile obiettivo di Agenda 2030, oltretutto a molto breve termine, è il patto climatico di Parigi.
Gli scettici fanno notare la sproporzione dell’ambizione del preambolo dell'Agenda con la vaghezza di alcuni obiettivi e traguardi. La povertà estrema sarebbe sradicata entro il 2030; i limiti planetari della terra non sono menzionati; c’è un’insistenza quantomeno eccessiva sulla crescita economica; non esiste un linguaggio chiaro sulla decarbonizzazione della produzione, il trasporto e i consumi; i diritti umani sono citati nel preambolo e nella dichiarazione, ma sono poco evidenti come elementi guida degli obiettivi e dei target; nessun calendario è fissato per il raggiungimento della parità di genere. Queste carenze del programma, tuttavia, si verificano in settori che sono contrassegnati da polemiche non solo tra gli Stati, ma anche all'interno di molti paesi, ed è già molto chhe un accordo negoziale sia stato raggiunto.
Ma più temibile dello scetticismo dei duri e puri è la evidente sottovalutazione della portata dell’Agenda 2030 da parte dei governi. Il nostro capo del governo, domenica 27 all’Assemblea Generale ha dedicato 45 parole allo sviluppo sostenibile in 20 minuti di intervento: “L’Italia è al fianco del Segretario Generale Ban Ki-moon mobilitandosi perché le Conferenze di Lima (!?) e di Parigi abbiano successo… Con l’adozione dell’Agenda 2030 l’Italia accetta la sfida delle 5p: people, prosperity, partnership, planet e peace, le 5p che riconoscono e ispirano la nostra politica per il futuro”. Anche l’opacità e la vista corta dei media è un pericolo grave. Nei giorni del Summit sui giornali italiani si trovavano poche righe, generalmente dedicate alle maggiori urgenze dei migranti e della guerra all’Isis.
Per andare sinteticamente alla cronaca del Summit di New York e delle sue fasi preparatorie, documentate nel seguito di questa pagina, ricordiamo la serie di otto sessioni negoziali di una settimana per preparare il vertice delle Nazioni Unite. La prima sessione di gennaio ha esperito un inventario sui punti di vista dei governi. La seconda sessione di febbraio è stata incentrata sulla dichiarazione che apre il documento finale del vertice. La sessione includeva anche un briefing con il Direttore della Divisione Statistica delle Nazioni Unite per quanto riguarda lo sviluppo degli indicatori per gli SDG. La terza sessione di marzo ha discusso gli SDG, i target e i limiti di tempo per lo sviluppo degli indicatori. La quarta sessione prepara la Conferenza di Addis Abeba per il finanziamento, FfD 3, con i rappresentanti della Banca Mondiale e dell’IMF. Esamina le proposte per la creazione di un meccanismo di facilitazione degli scambi scientifici e tecnologici e i temi dell'innovazione; il rapporto tra FfD 3 e post 2015; i processi il follow-up, la revisione dei mezzi di attuazione e la coerenza tra i documenti finali dai due processi. La quinta sessione di maggio 2015 prosegue sulla stessa falsariga e introduce sei temi per i dialoghi interattivi paralleli al Summit . La sesta sessione di giugno dà modo alle delegazioni e alla società civile di presentare proposte ed emendamenti al progetto zero del documento finale, che comprende un preambolo, una dichiarazione politica, i 17 SDG e gli obiettivi di supporto, una sezione sulle modalità di attuazione e il partenariato globale e una sezione su un quadro per il follow-up e la revisione. La sessione finale dei negoziati di luglio discute il progetto di documento a partire dall’8 luglio, concludendo i lavori solo il 2 agosto licenziando il documento finale dal titolo "Trasformare il nostro mondo. L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile” (> scarica il testo) che contiene il preambolo, la dichiarazione, i 17 SDG con 169 target, i mezzi di attuazione (MOI), lo schema per un partenariato globale e un quadro per il follow-up e il riesame dello stato di attuazione dell’Agenda.
L’Agenda 2030, nel testo di agosto, viene approvata per acclamazione in Assemblea Generale alle 11:46 di venerdì 25 settembre. Fanno seguito le dichiarazioni dei leader in plenaria e sei sessioni parallele di discussione tematica, due per ognuno dei tre giorni del Summit. Precisamente:
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Porre fine alla povertà e alla fame nel mondo (> resoconto)
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Affrontare le diseguaglianze, più potere per le donne e le giovani senza lasciare nessuno indietro (> resoconto)
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La transizione verso una sustainable green growth e la promozione di modelli sostenibili di produzione e consumo. Questa sessione si è occupata in realtà poco di crescita quanto piuttosto di occupazione, parità di genere e diritti civili (> resoconto)
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Rilanciare e attuare una partnership globale. La sessione chiede tra l’altro una compliance per il rispetto del 7 permille negli ODA (> resoconto)
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Realizzare istituzioni efficaci e trasparenti per la governance dello sviluppo sostenibile (> resoconto).
Particolare rilievo ha l’ultimo dialogo sul clima: “Proteggere il pianeta e combattere il cambiamento climatico”, co-presieduto dal Presidente peruviano e da François Hollande. Nell’intervallo di questa sessione Ban Ki-moon ha promosso un lunch informale di un gruppo di capi di Stato e di governo per promuovere lo sforzo comune in vista della Conferenza di Parigi.
Nella sessione tematica Hollande ha osservato che il riscaldamento del pianeta non si fermerà nemmeno dopo un accordo a Parigi. Ha riferito che sono stati ricevuti finora 80 INDC (impegni nazionali volontari di mitigazione), e ha ricordato che tutti gli INDC devono essere ricevuti entro la fine di ottobre. Nella discussione è emerso che:
gli INDC presentati finora sono a basso contenuto di ambizione;
la Conferenza di Parigi deve concordare un accordo giuridicamente vincolante;
l'obiettivo dei 2 °C non è sufficiente (Parlamento europeo e altri).
Molti relatori hanno delineato le iniziative di mitigazione o adattamento al cambiamento climatico intraprese a livello nazionale. Tra essi il Green Act italiano. La stessa Italia ha chiesto un meccanismo con responsabilità chiare e solide per il senso di appartenenza, la consapevolezza e l'azione. Occorre che le Nazioni Unite ripensino il loro sistema in una forma più integrata e coerente con gli SDG e la sfida energetica può diventare un'opportunità, investendo nelle energie rinnovabili (UNEP). Il pacchetto di finanziamento del Fondo per il clima è molto importante e i combustibili fossili non dovrebbero essere sovvenzionati (Parlamento europeo). L'agenda 2030 sarà compromessa se non si sarà capaci di ottenere un risultato significativo a Parigi (Climate Action Network). Il percorso del negoziato degli SDG può ben essere d’esempio per la conduzione della COP 21 (Repubblica Ceca)
Nella sua sintesi del dialogo, il co-presidente peruviano ha detto che i delegati chiedono coerenza tra le risposte al il cambiamento climatico e lo sradicamento della povertà. Egli ha sottolineato che la decarbonizzazione è una priorità per i paesi con i livelli maggiori di emissioni di gas serra, notando l'importante ruolo dell’energia rinnovabile e dell'efficienza delle risorse. Ha detto che la presentazione di piani nazionali ambiziosi di riduzione delle emissioni e mitigazione del loro impatto, sarà per tutti i paesi un chiaro segnale che ci potrà essere un successo nei negoziati di Parigi. La volontà generale, ha concluso, è di spuntare un accordo globale, ambizioso e giuridicamente vincolante, orientato a limitare l'aumento della temperatura a 2 °C o al più al di sotto 2.5 °C.
Esaurite le dichiarazioni e i resoconti dei dialoghi, il Summit viene concluso formalmente alle 19:28 di domenica 29 settembre.
Ci corre l’obbligo di testimoniare la sensazione di molti dei 9000 partecipanti al vertice che la negoziazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) è stata la chiave del successo del Summit. Essa si è svolta nel corso di un periodo di glaciale lentezza dei progressi in altri negoziati multilaterali sull'ambiente. Come tale, il Summit non era solo un momento di speranza, ma anche l'occasione per riflettere sugli elementi che potrebbero estendere tale successo. Se lo scopo dell’OWG era non solo elaborare un insieme di SDG, ma anche di accrescere il senso di appartenenza e di proprietà universale delle finalità e degli obiettivi, si può chiaramente parlare di un successo. Nel corso del Summit, molti hanno elogiato l'esperienza e la leadership dell’OWG, e hanno dichiarato la soddisfazione di essere stati coinvolti nel processo.
Il mandato di Rio + 20 era per una composizione della OWG con solo 30 posti, ma questa configurazione è stata allargata per accogliere i 70 Stati membri che hanno voluto partecipare: i seggi sono stati condivisi da paesi non sempre nella stessa situazione geopolitica né sempre con interessi comuni. Questa composizione insolita, fatta da 30 piccoli gruppi di paesi, chiamati anche troike, è stata accettata con lo scopo di avere discussioni facilitate e per favorire la rottura delle posizioni tradizionali ed arrivare a soluzioni consensuali innovative.
Dai discorsi in occasione del Summit, è stato chiaro che l’attuazione degli SDG è già iniziata; il senso di appartenenza al risultato negoziato si è trasformato in un vero e proprio impegno delle parti interessate per attuare l’Agenda 2030. Molti governi hanno riferito di aver già adottato misure per valutare con i loro ministeri come saranno attuati gli SDG. Altri hanno detto di aver fatto riferimento agli SDG mentre sviluppavano i loro INDC per affrontare il cambiamento climatico. Molte organizzazioni intergovernative e non governative hanno elencato gli SDG già facenti parte dei loro mandati. Rappresentanti del settore privato hanno riferito di aver già iniziato a utilizzare gli SDG per loro proprie valutazioni di sostenibilità.
Dal marzo 2016 i 17 goal e i 169 target saranno integrati da un set di indicatori attualmente in fase di sviluppo da parte della Commissione statistica delle Nazioni Unite la IAEG-SDG (> vedi). Questi indicatori hanno il potenziale di verificare quali obiettivi sono sulla buona strada e dove dovrebbero essere spesi gli ulteriori sforzi. I partecipanti al Summit hanno sottolineato che per alcuni Paesi saranno problematici anche i dati disaggregati per misurare ogni indicatore e hanno chiesto di non lasciare indietro nessuno. Quando gli indicatori non saranno disponibili, gli oratori hanno sottolineato la necessità di assicurare a ciascuno dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite un’appropriata capacità di raccogliere i dati necessari per monitorare e valutare gli indicatori. Alcuni hanno fatto riferimento a questo elemento di attuazione come data revolution e molti hanno notato che l'Agenda 2030 sarà incompleta fino a quando questo processo non sarà finalizzato.
Nei prossimi mesi si discuteranno le disposizioni organizzative da assegnare all’HLPF per chiarire le modalità di revisione dello stato di avanzamento dell’Agenda 2030, le responsabilità istituzionali e i temi annuali con la sequenza delle tematiche da considerare nelle revisioni, gli altri criteri del follow-up e il quadro di assessment.
Mentre molti speaker salutavano i risultati della III Conferenza sul finanziamento di Addis Abeba, il cui documento finale è l’Agenda omonima, la AAAA, considerata come la strategia di finanziamento dell'Agenda 2030 (> vedi), è stato ripetuto, praticamente da tutti, che la vera eredità del 2015 sarà chiara solo una volta conclusa la Conferenza sul cambiamento climatico di Parigi. Data l'importanza attribuita alla Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici, non è quindi sorprendente che molti governi abbiano dedicato il loro intervento ad illustrare le loro ultime posizioni sul cambiamento climatico. Molti relatori hanno ribadito la necessità di un accordo giuridicamente vincolante e molti piccoli stati insulari hanno ripetuto che si dovrebbe mirare a mantenere il riscaldamento globale sotto gli 1.5 °C.
È di Nelson Mandela la citazione più ascoltata e più condivisa durante il vertice, quando diceva "A volte accade ad una generazione di essere grande". Retorica autoreferenziale? Vedremo. Quello che è certo è che i partecipanti al Summit si sono detti consapevoli che l'Agenda 2030 rappresenta l'ultima possibilità per portare il mondo su un percorso sostenibile ed si sono caricati della responsabilità di lasciare ai loro figli un mondo migliore.
I resoconti giornalieri
2015, 27 settembre. Il terzo e ultimo giorno del Vertice per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite ha visto molte dichiarazioni di Capi di Stato alla dell'Assemblea generale plenaria delle Nazioni Unite, negli eventi collaterali e soprattutto nella riunione parallela informale di dialogo sul clima. I dialoghi interattivi hanno avuto infatti luogo la mattina e il pomeriggio sui temi della "Costruzione di istituzioni efficaci, responsabili e inclusive per realizzare lo sviluppo sostenibile" e "Proteggere il nostro pianeta e la lotta contro i cambiamenti climatici".
In una conferenza stampa dopo la pausa pranzo della riunione clima, il Presidente del Perù e François Hollande, Presidente della Francia, hanno informato la stampa sull’andamento della discussione, registrando l’aspettativa generale di un accordo a Parigi, ma ponendosi la domanda di quale potrà essere l’effettivo livello di ambizione. Nella stessa sede Ban Ki-moon ha detto che i leader presenti hanno convenuto su un accordo che accelererà l'utilizzo dell’energia pulita, in linea con il percorso dei +2º C.
Tra i leader mondiali che hanno affrontato la plenaria nel giorno finale del vertice ci sono stati Dilma Rousseff, Presidente del Brasile; Shinzo Abe, Primo Ministro del Giappone; Ahmet Davutoglu, Primo Ministro della Turchia; David Cameron, Primo Ministro del Regno Unito e Barack Obama, Presidente degli Stati Uniti.
All'inizio della sessione plenaria di chiusura, nel pomeriggio, il presidente americano Obama si è impegnato a lavorare per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) e ha esortato tutti ad agire, dicendo che sostenere lo sviluppo non è un atto caritatevole, ma l'investimento più intelligente che possiamo fare per il nostro futuro. Molti relatori hanno affrontato il compito di attuazione dell’Agenda 2030 e hanno annunciato i loro impegni nazionali verso il raggiungimento degli SDG, così come il sostegno che intendono fornire agli altri paesi.
Alla fine del pomeriggio, i co-presidenti dei sei dialoghi interattivi hanno presentato la sintesi di ogni dialogo.
Il presidente del vertice sullo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite ha in chiusura accolto con favore l'accordo globale sull’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, affermando che finalmente, abbiamo un accordo ragionevole e globale. Lui stesso ha concluso formalmente il vertice delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile alle 07:38 del pomeriggio di domenica e ha sanzionato l’approvazione dell’Agenda 2030. Ora la parola passa alla 70° Assemblea Generale che ratificherà l’Agenda.
2015, 26 settembre. Il vertice delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile è continuato sabato 26 settembre con i capi di stato e gli altri delegati che continuano le loro dichiarazioni nella seduta plenaria generale, che dura tutto il giorno e la sera. I dialoghi interattivi paralleli ha avuto luogo nella mattina e nel pomeriggio rispettivamente sui temi: "Promuovere una crescita economica sostenibile, la transizione e la promozione di consumi e produzioni sostenibili” e ”Portare avanti un rinnovata partnership globale".
La Cina, la Repubblica di Corea e altri paesi hanno annunciato impegni concreti per fornire il supporto ai paesi in via di sviluppo per raggiungere gli SDG. Ha annunciato la istituzione di un fondo di 2 miliardi dollari per l’assistenza Sud-Sud e per la cooperazione per attuare gli SDG ed anche, tra gli altri impegni, un aumento degli investimenti nei paesi meno sviluppati a 12 miliardi di dollari entro il 2030.
Molti intervenuti hanno rimarcato la perdurante importanza degli aiuti pubblici e l'assistenza allo sviluppo (ODA), e ha esortato i paesi sviluppati ad adempiere agli impegni assunti. È il caso di ricordare che il nostro Presidente Renzi che, pur presente alla 70° UNGA, non è venuto al Summit pur essendo andato alla terza Conferenza sul finanziamento dello sviluppo sostenibile di Addis Abeba, un importante evento di preparazione di questo Summit. In quella sede si era impegnato a riportare il valore dell’assistenza allo sviluppo italiano al 7 permille entro l’anno. Alcuni oratori hanno anche richiamato la necessità di affrontare i flussi finanziari illeciti, l’evasione fiscale, la sostenibilità del debito e la ripartizione dei benefici acquisiti in settori come quello minerario.
Gran parte degli oratori hanno sottolineato la necessità di concordare un accordo ambizioso e durevole sul cambiamento climatico a Parigi, il prossimo dicembre. Altri hanno evidenziato il ruolo particolare che spetta al negoziato sul cambiamento climatico per dare una speranza di conseguire risultati di sviluppo sostenibile, data la sua natura trasversale e intersettoriale, tema caro ai leader dei piccoli Stati insulari e in via di sviluppo. Notevole il posizionamento di Islanda e la Svezia che hanno dichiarato di essere sulla strada di raggiungere la neutralità carbonica e un'economia libera dai carburanti fossili.
Tutti i leader hanno accolto con favore il lancio del meccanismo per la facilitazione del trasferimento di tecnologia, rilevando che gli SDG forniscono un modello per uno sviluppo guidato dall’innovazione.
2015, 25 settembre. Il vertice delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile ha iniziato i suoi lavori venerdì 25 settembre, presso la sede delle Nazioni Unite a New York con una plenaria di apertura, durante la quale i 193 delegati di tutti i Paesi hanno adottato per acclamazione l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Il vertice sullo sviluppo sostenibile durerà tre giorni.
È il giorno della visita di Papa Francesco alla sede dell'ONU al mattino e dell’allocazione all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite prima della plenaria di apertura ad alto livello. Nel pomeriggio hanno avuto luogo due dialoghi interattivi, su: porre fine alla povertà e la fame e lottare contro le disparità, l'emancipazione delle donne e delle ragazze non lasciando nessuno indietro. I leader dei paesi hanno iniziato le loro dichiarazioni in plenaria, proseguendo fino a tarda sera.
Inaugurando una nuova era di azioni nazionali e di cooperazione internazionale, la nuova Agenda impegna tutti i paesi ad adottare una serie di azioni che non solo devono affrontare le cause profonde della povertà, ma anche aumentare la crescita economica e la prosperità a cominciare dalla salute, l'educazione delle persone e i bisogni sociali, nel pieno rispetto dell'ambiente. Parlando alla cerimonia di apertura del vertice, le Nazioni Unite il segretario generale Ban Ki-moon ha detto: "Il nuovo programma è una promessa da parte dei leader di tutti i popoli in tutto il mondo. Contiene una visione universale, integrata, e propone una trasformazione per un mondo migliore. È un ordine del giorno per la gente, per porre fine alla povertà in tutte le sue forme, per una prosperità inclusiva, la pace e il partenariato, che trasmette l'urgenza dell’azione per il clima, si radica nella parità di genere e nel rispetto dei diritti civili. Soprattutto, si impegna a non lasciare nessuno indietro. La vera prova di impegno per l'Agenda 2030 sarà l'attuazione. Abbiamo bisogno di azione da parte di tutti, ovunque. Diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile sono la nostra guida. Si tratta di una lista di cose da fare per le persone e il pianeta e di un progetto per assicurarne il successo.
I nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, si basano sulle indicazioni delle decennali Conferenze delle Nazioni Unite e dell’ampio successo degli obiettivi del Millennio che hanno migliorato la vita di milioni di persone. La nuova Agenda riconosce che il mondo si trova ad affrontare sfide immense, che vanno dalla povertà diffusa, l'aumento delle disuguaglianze, le disparità enormi di opportunità, le capacità e il benessere, al degrado ambientale e ai rischi posti dai cambiamenti climatici.
Mai prima d'ora i leader mondiali si sono impegnati un'azione comune e nell’impegno in un tale programma ampio e universale della politica, afferma la dichiarazione adottata dai leader. Stiamo allestendo insieme il cammino verso lo sviluppo sostenibile, dedicando totalmente noi stessi al perseguimento di uno sviluppo globale e ad una cooperazione vantaggiosa per tutti che può portare enormi vantaggi a tutti i paesi e tutte le parti del mondo.
L'adozione ufficiale è arrivata poco dopo che Papa Francesco si era rivolto all'Assemblea Generale, dichiarando: "L'adozione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile in occasione del vertice mondiale, che si apre oggi, è un segno importante di speranza. "
Il Presidente dell'Assemblea Generale definisce il l'Agenda 2030 uno strumento ambizioso per affrontare le ingiustizie della povertà, l'emarginazione e la discriminazione. Riconosciamo la necessità di ridurre le disuguaglianze e di proteggere la nostra casa comune, cambiando il modo di consumare e produrre. E identifichiamo la immensa necessità di affrontare le politiche divisive, la corruzione e la irresponsabilità che alimentano i conflitti e frenano lo sviluppo.
Amnesty International dichiara che non si possono biasimare gli scettici, in quanto il divario tra il mondo in cui viviamo e il mondo che vogliamo è spaventoso. Aggiunge però che gli SDG rappresentano le aspirazioni delle persone e possono, e devono, essere raggiunti.
2015, 25 settembre. La sessione di apertura del Summit
Il vertice delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile si apre Venerdì 25 Settembre, presso la sede delle Nazioni Unite a New York. Il vertice dovrebbe adottare l'Agenda dello sviluppo post-2015, ora rinominata Agenda 2030, che comprende diversi elementi: un preambolo; una dichiarazione; 17 Goal per lo sviluppo sostenibile (SDG) e 169 target di sostegno; i mezzi di attuazione (MOI) e il partenariato globale; e un quadro di riferimento per il follow-up e riesame dell'attuazione degli obiettivi. Questo pacchetto, dal titolo "Trasformare il nostro mondo: il 2030 l'Agenda per lo sviluppo sostenibile" (> leggi il testo della proposta di Agenda 2030), è stato concordato dagli Stati membri delle Nazioni Unite nel corso di lunghi negoziati che si sono svolti dal marzo 2013 all'agosto 2015.
Circa 160 capi di Stato e di governo e 30 ministri partecipano al Vertice per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, insieme a oltre 9.000 delegati e circa 3.000 giornalisti accreditati. Per l'Italia è presente il Ministro dell'ambiente Luca Galletti. Il vertice è stato convocato come una riunione plenaria ad alto livello dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ed è co-presieduto dai chairmen delle sessioni 69° e 70° dell'Assemblea, rispettivamente l'Uganda e la Danimarca. Prima della plenaria di apertura, Papa Francesco rivolgerà un'allocuzione all'Assemblea (> vai al resoconto e alle registrazioni).
Nel corso dei tre giorni del vertice, i leader nazionali e i rappresentanti di alto livello faranno dichiarazioni nelle sessioni plenarie, e parteciperanno a sei dialoghi interattivi in altrettante sessioni parallele. I dialoghi affronteranno una serie di temi: porre fine alla povertà e la fame; lottare contro le disparità, l'emancipazione delle donne e delle giovani senza lasciare nessuno indietro; promuovere una crescita economica sostenibile; trasformare il sistema industriale e promuovere consumi e produzioni sostenibili; rivitalizzare e portare avanti una partnership globale; costruire istituzioni efficaci, responsabili e inclusive per attuare lo sviluppo sostenibile; proteggere il nostro pianeta e lottare contro il cambiamento climatico.
La plenaria di chiusura si terrà nel pomeriggio del 27 settembre, ci si attende, con l'approvazione del testo finale dell'Agenda 2030, la sanzione degli accordi di Addis Abeba (> vedi), e la istituzione di tutta la strumentazione necessaria per promuovere, attuare ed infine controllare e seguire i nuovi obiettivi dello sviluppo sostenibile, gli SDG (> vedi).
2015, 25 settembre. Il saluto di Papa Francesco
Papa Francesco rivolge un breve saluto in inglese, durante la visita iniziale alle Nazioni Unite, accompagnato dal Segretario Generale Ban Ki-moon (> ascolta il discorso di saluto)
In apertura del Summit, viene concesso a Papa Francesco uno spazio straordinario in apertura dei lavori. Francesco, che aveva salutato in inglese il personale delle Nazioni Unite (> ascolta) parla in lingua spagnola per 50 minuti dedicando una parte sostanziosa all'emergenza ambientale, all'Agenda 2030 e alla prossima conferenza di Parigi, ammonendo i governi alla necessaria tensione morale in difesa della terra, dei poveri e degli esclusi, prime vittime della crisi ambientale. Punta il dito sulla prepotenza degli egoismi e degli interessi materiali e sulla cattiva gestione della politica e dell'economia. Chiama alla mobilitazione contro la guerra e le armi, facendo riferimento alle armi nucleari. Chiama in causa il grave problema del traffico di droga. (> ascolta la traduzione in inglese del discorso di Papa Francesco)
Ci sono, dice Francesco, ampi settori nel mondo senza protezione, vittime piuttosto di un cattivo esercizio del potere: l’ambiente naturale e il vasto mondo delle donne e degli uomini esclusi. Esiste un vero diritto dell’ambiente: ogni danno all'ambiente è un danno all’umanità fatto per la brama egoistica e illimitata di potere e di benessere materiale, che conduce tanto ad abusare dei mezzi materiali disponibili quanto ad escludere i deboli e i poveri. L’esclusione economica e sociale è una negazione totale della fraternità umana e un gravissimo attentato ai diritti umani e all’ambiente. I più poveri sono quelli che soffrono maggiormente questi attentati.
L’adozione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile durante il vertice mondiale che inizierà oggi stesso, è un importante segno di speranza. Confido anche che la Conferenza di Parigi sul cambiamento climatico raggiunga accordi fondamentali ed effettivi. Ma non bastano gli impegni assunti solennemente, il mondo chiede con forza a tutti i governanti una volontà effettiva, pratica, costante, fatta di passi concreti e di misure immediate, per preservare e migliorare l’ambiente naturale e vincere quanto prima il fenomeno dell’esclusione sociale ed economica, con le sue tristi conseguenze di tratta degli esseri umani, commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato. Per questo bisogna evitare qualsiasi tentazione di cadere in un nominalismo declamatorio con effetto tranquillizzante sulle coscienze. Dobbiamo aver cura che le nostre istituzioni siano realmente efficaci nella lotta contro tutti questi flagelli. Ricordando sempre che aldilà di piani e programmi, ci sono donne e uomini concreti, uguali ai governanti, che vivono, lottano e soffrono.
La ripresa totale audio-video del discorso di Francesco in lingua spagnola è qui di seguito.
La preparazione del Summit
Nel settembre del 2000, i leader mondiali in occasione dell’Assemblea Generale del Millennio rilasciarono la Dichiarazione del Millennio, che chiese un nuovo partenariato globale per ridurre la povertà estrema. A seguito di questo evento, sulla base di consultazioni tra i rappresentanti delle istituzioni internazionali, sono state elaborati gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (MDG). Il Segretario generale delle Nazioni Unite ha presentato gli MDG all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2001. Gli Stati membri delle Nazioni Unite raccomandarono che gli MDG venissero utilizzati come guida per attuare la Dichiarazione del Millennio, e fissarono il termine del 2015 per la loro realizzazione.
Gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno ora negoziato nuovi obiettivi globali, noti come Obiettivi dello sviluppo sostenibile, gli SDG, che proseguiranno il cammino degli MDG. Gli SDG sono contenuti in un quadro che da Rio+20 è noto come Agenda per lo sviluppo post-2015 e, più recentemente, come Agenda 2030.
La risoluzione dell'Assemblea Generale dell'ONU 69/244, adottata il 29 dicembre 2014, ha chiesto un Vertice delle Nazioni Unite sulla Agenda di sviluppo post-2015 (Summit per lo sviluppo sostenibile) che si terrà dal 25 al 27 settembre 2015 presso la sede delle Nazioni Unite a New York. Un giro di due settimane di negoziati intergovernativi nel mese di luglio è riuscito a finalizzare l'ordine del giorno che i capi di Stato e di governo adotteranno durante il vertice di settembre.
I precedenti negoziati intergovernativi sull’Agenda 2030 sono stati incentrati su: bilancio (19-21 gennaio 2015); il testo della dichiarazione (17-20 febbraio 2015; SDG, obiettivi e indicatori (23-27 marzo); mezzi di attuazione (MOI) e partenariato globale per lo sviluppo sostenibile (21-24 aprile) e follow-up con la revisione finale (18-22 maggio). La sesta e ultima sessione di questa serie (22-25 giugno e 20-31 luglio) ha discusso l’intera "versione zero" dell'ordine del giorno post-2015. La fase finale dei negoziati si è svolta al di là dei tempi programmati di due giorni, e si è finalmente conclusa la sera di Domenica 2 agosto, con l'accordo dei delegati su un documento dal titolo "Trasformare il nostro mondo. L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile" Questa agenda globale comprende diversi elementi: un preambolo; una dichiarazione; 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile (SDG) e 169 target; gli strumenti di attuazione (MOI) e di una nuova partnership globale e un quadro di riferimento per il follow-up e il riesame dello stato di attuazione dell’Agenda 2030: un insieme di strumenti molto più ricco e puntuale di quelli a suo tempo disposti per l’Agenda 21.
Oltre 100 capi di Stato e di governo saranno presenti al Summit delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. I leader faranno le loro dichiarazioni nelle sessioni plenarie durante i tre giorni dei lavori, e avranno luogo contemporaneamente sei dialoghi interattivi sui temi cruciali dell’Agenda 2030. I dialoghi si concentreranno sui temi di: porre fine alla povertà e la fame; lottare contro le disparità, l'emancipazione delle donne e delle giovani per non lasciare nessuno indietro; promuovere una crescita economica sostenibile, la trasformazione e la promozione di consumi e produzioni sostenibili (SCP); proteggere il nostro pianeta con in prima priorità la lotta al cambiamento climatico; la costruzione di istituzioni efficaci, responsabili e inclusive per realizzare lo sviluppo sostenibile e un partenariato globale rafforzato per realizzare l'agenda sviluppo post-2015.
Il vertice delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile lancerà un meccanismo tecnologico di facilitazione (TFM) per rispondere alle esigenze tecnologiche e di sviluppo delle capacità dei paesi in via di sviluppo. Il 26 settembre, il segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon interverrà ad un forum del settore privato. Il 27 settembre, il Servizio di Collegamento delle Nazioni Unite non governativa (UN-NGLS) e Il Progetto “Oltre il 2015” ospiteranno un evento della società civile.
Il vertice delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile si svolge prima del Dibattito Generale della 70° sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
13-16 luglio 2015: La Conferenza internazionale di Addis Abeba sul finanziamento dello sviluppo sostenibile (FfD)
La Conferenza di Addis Abeba è il terzo evento dello sviluppo sostenibile per importanza del 2015 assieme al Summit di New York di settembre e la COP 21 di Parigi. L'Agenda 2030 è un progetto fortemente visionario, ma è anche di implementazione molto costosa. Ad Addis Abeba i leader mondiali hanno cercato modi per fare fronte finanziariamente agli obiettivi ambiziosi e costosi dello sviluppo sostenibile (SDG), che si propongono entro il 2030 di porre fine alla povertà e garantire la sicurezza alimentare in ogni angolo del globo. Dalle cifre di miliardi di $ in impegni di finanziamento si passa con la nuova Agenda alle migliaia di miliardi di $. Secondo le stime delle Nazioni Unite, per i nuovi obiettivi saranno richiesti investimenti fino a 11.500 Mld$, 172.500 MLD$ in 15 anni.
Un progetto di documento finale per Addis Abeba era pronto il 7 luglio dopo una serie di sessioni di negoziato a New York tirate fino a tarda notte. Le ambizioni dell’Agenda 2030 sono evidenti, quindi è ovvio che il finanziamento deve riflettere questa ambizione. Il documento finale dice: "Le soluzioni per sostenere lo sviluppo sostenibile si possono trovare, anche attraverso il rafforzamento delle politiche pubbliche, mediante quadri normativi e finanziari a tutti i livelli, sbloccando il potenziale di cambiamento delle persone e di trasformazione del settore privato, e incentivando i cambiamenti negli investimenti al pari dei consumi e delle produzioni".
Il vertice arriva in un momento cruciale, poche settimane prima della Assemblea Generale UN a settembre, quando sarà concordata formalmente l’Agenda 2030 e gli SDG. Un accordo sul finanziamento per i programmi ambientali è del pari fondamentale in vista della Conferenza delle parti sul clima nel mese di dicembre, dove ci si aspetta dai governi un accordo globale sul clima, universale e vincolante.
Gli investimenti nazionali hanno rappresentato 1/3 di tutti i finanziamenti attualmente disponibili per paesi in via di sviluppo nel 2012, mentre gli aiuti esteri arrivavano appena allo 0,4% del totale. Questo finanziamento è tragicamente compromesso dall’evasione fiscale internazionale che costa ai PVS centinaia di miliardi di dollari ogni anno. Il documento finale concordato prescrive di:
• aumentare gli investimenti per lo sviluppo attraverso la mobilitazione delle risorse interne, soprattutto aumentando la riscossione delle imposte, la finanza privata, e gli aiuti pubblici allo sviluppo internazionali;
• migliorare la cooperazione fiscale internazionale. Alcuni paesi spingono per un’Agenzia per la fiscalità globale, sostenendo che aiuterebbe i paesi più poveri assicurando loro un maggior gettito fiscale;
• ridurre i flussi finanziari illeciti entro il 2030, al fine di eliminarli del tutto. Si sa da tempo che questi flussi illeciti, accoppiati con una evasione fiscale aggressiva, con il rimpatrio di profitti e rimborsi del debito, stanno privando molti paesi delle risorse indispensabili per lo sviluppo;
• spingere per colmare il gap infrastrutturale globale nei paesi in via di sviluppo – compreso tra 1 ed 1.5 trilioni di US$ su base annua;
• impostare un nuovo patto sociale per fornire "sistemi di protezione sociale finanziariamente sostenibili e adeguati a livello nazionale e le misure relative";
• finanziare uno sviluppo a basse emissioni di carbonio e climaticamente resiliente. Il progetto di documento finale dice: “Saranno necessari investimenti pubblici e privati in innovazione e tecnologie pulite, tenendo presente che le nuove tecnologie non possono sostituire gli sforzi per ridurre i rifiuti o l’utilizzo efficiente delle risorse naturali".
Le prospettive finanziarie sono sempre più incerte nel mondo e quindi trovare i soldi per pagare gli SDG sarà difficile. La crisi greca del debito, il rallentamento economico della Cina e una serie di emergenze umanitarie, compresa la guerra civile in Siria e la crisi migratoria in Europa, non meno che le spese militari, indirizzano altrove gli investimenti dei donatori;
Ci sono ancora altri problemi in discussione:
• Il ruolo del settore privato nello sviluppo sostenibile. È un tema particolarmente controverso, con alcuni ferocemente contrari ai partenariati pubblico-privato, mentre altri ci vedono grandi potenzialità.
• Il ruolo di assistenza allo sviluppo (ODA). I paesi donatori sono invitati a impegnarsi finalmente a destinare lo 0,7% del loro PIL in aiuti pubblici allo sviluppo entro la fine dell'anno.
• Avere una propria politica di sviluppo. Il progetto di accordo dice: "Ogni paese ha la responsabilità primaria per il proprio sviluppo economico e non si insisterà mai abbastanza sul ruolo sociale delle politiche nazionali e delle strategie di sviluppo". Il sistema di governance internazionale ha un suo ruolo da svolgere, però, attraverso il commercio, la politica monetaria, i sistemi finanziari e il rafforzamento della governance economica globale.
• Sviluppare linee guida per le responsabilità debitorie e creditorie nei prestiti sovrani e nei mutui.
• Migliorare la produzione dei dati per monitorare l'impatto della spesa per lo sviluppo e il progresso verso gli obiettivi.
• Erogare misure particolari per aiutare i paesi meno sviluppati, i paesi in via di sviluppo senza sbocco sul mare e i piccoli Stati insulari in via di sviluppo.
Di tutto questo cosa rimane nelle conclusioni?
Notiamo intanto che tra i paesi donatori, presenti prevalentemente a livello ministeriale, Italia e Svezia sono gli unici due a intervenire a livello di Capi di Governo. Per la UE la delegazione è guidata dall’Alto Rappresentante Federica Mogherini.
Per l’Italia, il primo obiettivo è rilanciare un suo ruolo da protagonista della Cooperazione allo Sviluppo dopo la crisi degli ultimi anni che ha portato a una contrazione dell’aiuto pubblico allo sviluppo. Fa sorridere sentire, nel frasario politico corrente in Italia rispetto alla questione migranti, che dovrebbero essere aiutati nel loro paese, da parte dei molti che fingono di non sapere che l’Italia è tra i peggiori paesi inadempienti con gli Aiuti Economici allo Sviluppo (ODA). La sua media negli anni è dello 0,2%, cosa che significa che stiamo accumulando un debito di circa 7,5 Mld€ ogni anno, pari a mezzo punto di Pil a moneta corrente (dati OECD-DAC).
Il Presidente Renzi ha però confermato, in linea con la UE, l’impegno a raggiungere il target dello 0,7% di aiuto pubblico allo sviluppo rispetto al PIL, senza dire quando, ed ha colto l’occasione per presentare la nuova Banca dello Sviluppo creata all’interno della Cassa Depositi e Prestiti con la riforma della Cooperazione del luglio 2014 e per dare un segno della volontà italiana di partecipare alla creazione di un “new deal internazionale” in cui si mettano in comune risorse, esperienze e culture in nome della solidarietà.
Il Programma d'azione approvato ad Addis Abeba (> scarica il programma) delinea i modi diversi che hanno i vari paesi di investire in un Piano ambizioso per porre fine alla povertà e garantire l'uguaglianza in pochi anni. Le Nazioni Unite, che hanno organizzato il vertice per il finanziamento dello sviluppo (FfD), hanno presentato l’accordo come "una serie di misure coraggiose per rivedere le pratiche globali di finanziamento e generare investimenti per affrontare tutte le sfide economiche, sociali e ambientali". "Un partenariato globale avanzato che mira a promuovere la prosperità universale inclusiva, economica e migliorare il benessere delle persone nel pieno rispetto dell'ambiente".
Secondo alcune NGO il processo di FfD non ha portato nuove risorse per finanziare gli investimenti necessari per porre fine alla povertà, né adottato misure significative per affrontare i problemi nel sistema finanziario internazionale. Inoltre non c’è stata la capacità di impegnarsi per un organismo fiscale internazionale che includa la partecipazione delle nazioni in via di sviluppo. Più di 100 paesi in via di sviluppo rimarranno esclusi dal processo decisionale sulle norme fiscali globali. Secondo Oxfam il vertice ha prodotto norme fiscali truccate e la privatizzazione dello sviluppo.
Più moderati coloro che hanno visto ad Addis Abeba un importante passo avanti, che offre un quadro globale per il finanziamento dello sviluppo sostenibile. I risultati di a Addis Abeba sono la base di una partnership globale per lo sviluppo sostenibile rivitalizzato che non lascerà nessuno indietro, hanno detto.
Allora, cosa è stato concordato?
L'accordo di Addis Abeba comprende più di 100 misure concrete, affrontando tutte le fonti di finanziamento, inclusa la cooperazione su questioni come la tecnologia, la scienza, l'innovazione, il commercio e gli aiuti ai i paesi in via di sviluppo per rafforzare i loro sistemi e le loro istituzioni tecniche.
I punti principali sono:
· Un patto sociale: i Paesi si sono impegnati a istituire sistemi di protezione sociale, con gli obiettivi nazionali di spesa per i servizi essenziali come sanità e istruzione.
· Riconferma del target di destinare lo 0,7% del PIL gli aiuti. Gli scettici potrebbero dire, tuttavia, che l'obiettivo ha già 45 anni di vita, e che solo una manciata di paesi hanno raggiunto l'obiettivo.
· Sono stati dati gli impegni di raccogliere più tasse, combattere l'evasione fiscale e bloccare i flussi finanziari illeciti sia pure in assenza di un organismo fiscale internazionale.
· È stato sottolineato il ruolo degli investimenti privati, con la promessa di creare ambienti abilitanti attraverso la regolamentazione e le politiche pubbliche. Ma alcune NGO avvertono che l'enfasi sulla finanza privata non porterà benefici alle persone più povere del mondo, ma consentirà al settore privato di utilizzare i soldi per lo sviluppo per generare nuovi profitti, mentre le norme per assicurare che le imprese rispettino i diritti umani sono solo orientamenti non vincolanti”.
· I Paesi hanno concordato di lavorare insieme per finanziare le infrastrutture per l'energia, i trasporti, l’acqua e i servizi igienici, e c'è anche l'impegno a promuovere l'accesso a prezzi accessibili e stabili al credito per le piccole imprese.
· Saranno creati altri organismi per affrontare alcune questioni difficili: un meccanismo di facilitazione per il trasferimento di tecnologia sarà creato con l’Agenda 2030; un Forum globale esaminerà le carenze nelle infrastrutture e identificherà le aree per gli investimenti. Sarà inoltre creata strategia globale per l'occupazione giovanile.
· C’è una proposta di tassare le sostanze nocive come il tabacco per ridurre i consumi e aumentare i ricavi e una richiesta ai paesi sviluppati di attuare il loro impegno per un obiettivo di mobilitare congiuntamente 100 miliardi di US$ all'anno entro il 2020 per rispondere alle esigenze dei paesi in via di sviluppo.
Un crocevia strategico
Perché un'Agenda 2030 per il dopo 2015? Si tratta di un incrocio strategico tra scadenze delicate e strategiche per lo sviluppo sostenibile e per il clima (> vai ai resoconti sulla lotta ai cambiamenti climatici). Entro il 2015 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite dovrà aver approvato il nuovo quadro programmatico e gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, dopo che il tempo degli obiettivi del Millennio è giunto a scadenza, per segnare il passo dello sviluppo per i prossimi 15 anni. A Parigi a fine 2015 la COP 21 della Convenzione globale contro i cambiamenti climatici dovrà varare il Piano globale della lotta ai cambiamenti climatici e universalizzare il limite di +2°C all'aumento della temperatura terrestre. Un anno cruciale il 2015 per il futuro del pianeta.
Si fa risalire alla COP 17 di Durban della Convenzione quadro per la lotta ai cambiamenti climatici dell'ONU l'accordo per negoziare entro il 2015 un atto climatico con valore legale per tutti i paesi che consenta finalmente di definire una politica comune per il clima, a partire dal 2020, al di là della originaria divisione del mondo in paesi impegnati nella mitigazione e paesi esentati.
Dall'altra parte, dopo due anni di negoziati, la Conferenza di Rio+20 sullo Sviluppo sostenibile si è anch'essa conclusa con un documento di natura essenzialmente programmatica, intitolato The Future We Want, in versione italiana il Futuro che vogliamo, che avvia numerosi processi internazionali e nazionali su temi considerati cruciali per il futuro del Pianeta. Il documento riconosce formalmente il concetto di Green Economy, come elemento trainante verso lo sviluppo sostenibile e lo sradicamento della povertà. Si tratta di un passo in avanti nella definizione degli strumenti anche se non sono stati concordati né protocolli né scadenze. Fa eccezione, come sappiamo, la adozione di un quadro decennale di programmi sulla promozione di modelli di produzione e consumo sostenibili (il 10 YFP) che è un elemento chiave della Green economy. Approvato a Rio+20, è stato affidato dalla 67° Assemblea Generale ONU del 26 novembre 2012 (> vedi la Delibera al punto 5) per l'esecuzione all'UNEP e per la supervisione all'ECOSOC che nomina a tal fine un board di 10 membri, due per ognuna delle regioni ONU. Tale quadro verrà però implementato dai vari paesi su base volontaria. A Rio+20 si chiude il ciclo di vita della CSD, la Commissione per lo Sviluppo sostenibile creata dopo Rio '92, e si apre la strada per un Forum ad alto livello per lo sviluppo sostenibile. L'UNEP viene resa universale e rafforzata, senza però divenire un'Agenzia indipendente del rango della FAO , della World Bank o dell'IMF.
Nel 2015 vanno a scadenza gli obiettivi del Millennio, i Millennium Development Goal, gli MDG, dopo 15 anni dalla loro adozione nell'Assemblea Generale del 2000. Uno dei risultati più importanti raggiunti a Rio+20 fu l’indicazione di procedere alla ridefinizione delle attuali politiche di sviluppo sostenibile attraverso l’individuazione di obiettivi universali definiti Sustainable Development Goal (SDG’s). Tale lavoro dovrà essere complementare con quello già in corso per la revisione degli MDG e quindi per la definizione di quella che sarà la vera e propria Agenda per lo Sviluppo sostenibile nel post-2015.
Queste pagine hanno l'obiettivo di seguire l'Agenda 2015 e gli SDG e di estendere la partecipazione a entrambi i processi negli spazi della discussione pubblica nel nostro paese e in quelli che le Nazioni Unite e l'Europa si propongono di destinare alla consultazione attiva della società civile.
Sintesi dei principi ispiratori dell'Agenda 2030
Un documento universale per aspirazione ed estensione, con obiettivi per tutti i paesi, applicabile a tutta l'umanità, concentrato sullo sradicamento della povertà in tutte le sue dimensioni,dovunque si trovi, e la promozione della prosperità e del benessere per tutte le persone che:
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integra le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile - economica, sociale, ambientale - tenendo conto degli insegnamenti tratti dalla revisione degli MDG e sulla base dei lavori per l'elaborazione degli SDG. Costituisce un piano per uno standard di vita al di sotto del quale nessuna persona dovrebbe cadere, entro il 2030 al più tardi. Guida verso il progresso, la prosperità e il benessere, nel rispetto dei limiti planetari (planetary boundaries);
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la prosperità e il benessere, e la stessa povertà non hanno una definizione unicamente monetaria, ma sono multidimensionali e riflettono la capacità delle persone di crescere e di svilupparsi.
l'Agenda comprende, in modo integrato:
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lo sviluppo umano di base, i driver di una crescita sostenibile e inclusiva e dello sviluppo necessari per una trasformazione strutturale dell'economia, per garantire la creazione di capacità produttive e l'occupazione mediante una green economy inclusiva in grado di affrontare le sfide del clima, e la gestione sostenibile delle risorse naturali;
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temi come la giustizia, l'uguaglianza e l'equità, i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto, così come l'emancipazione delle donne e la parità di genere, la pace e la sicurezza.
Gli obiettivi
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devono essere in numero limitato e applicarsi universalmente a tutti i paesi, ma rispettando i diversi contesti. Devono essere adattati alle specificità nazionali e resi operativi;
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devono essere elaborati in un modo che tenga conto della ricerca scientifica e della base di conoscenze. Obiettivi e indicatori devono essere misurabili.
La trasparenza, l'attuazione e la responsabilità
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La responsabilità di conseguire i risultati auspicati è prima di tutto nazionale. è necessaria la mobilitazione di tutte le risorse, nazionali e internazionali, pubbliche e private. I finanziamenti e gli altri mezzi di attuazione devono essere affrontati con un approccio globale e integrato;
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l'Agenda deve essere sviluppata e attuata in stretta collaborazione con la società civile, compreso il settore privato;
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occorre impostare una timetable per cominciare ad agire a tutti i livelli, al fine di raggiungere gli obiettivi. La visione è fino al 2050 con gli obiettivi indicati per il 2030;
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la base è la forte responsabilità individuale di tutti i paesi, associata a partenariati tra tutti i paesi e le parti interessate: i governi, la società civile compreso il settore privato e la comunità internazionale nel suo insieme;
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sforzi devono essere volti a migliorare la coerenza a livello istituzionale;
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un buon monitoraggio dei progressi, richiede che la base statistica venga rafforzata.
Coerenza
L'Agenda deve essere coerente con gli obiettivi concordati a livello internazionale e con i grandi temi, come ad esempio il cambiamento climatico, la biodiversità, la riduzione del rischio, e la protezione sociale.