I
documenti strategici finali
Le proposte del
Consiglio Nazionale della Green
Economy per il semestre del Consiglio europeo a Presidenza italiana
(>
testo completo)
In occasione del semestre del Consiglio europeo a Presidenza Italiana, il
Consiglio nazionale della green economy, formato da 66
organizzazioni di imprese,
avanza le seguenti proposte:
1. Introdurre misure europee di fiscalità ecologica
2. Sostenere incisive misure europee per
il clima e l’energia
3. Nell’ambito della nuova Pac promuovere modelli
di agricoltura sostenibile e di qualità
4. Sostenere un’iniziativa europea per il riutilizzo delle
acque reflue
5. Affrontare i nodi aperti a livello europeo in materia di
rifiuti
6. Rafforzare a livello europeo le politiche per una green
economy
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Il contributo delle imprese alla
green economy
materiali di
studio di Toni Federico
Una transizione verso un futuro progressivamente più
sostenibile, con emissioni di gas serra decrescenti e il recupero del
degrado ambientale, richiede una economia diversa, vale a dire processi
produttivi e tecnologie più rispettose dell'ambiente ed una diversa
concezione del benessere, associata a criteri nuovi attraverso cui le
imprese possano valutare il valore aggiunto da esse stesse prodotto in
funzione di tutto l’arco della ricchezza e non solo del flusso dei ricavi e
della quantità di macchine e di infrastrutture accumulate.
Il vettore di questa irrimandabile trasformazione è la
green economy che, pur declinata secondo diverse accezioni settoriali
e scalata ai livelli di sviluppo delle diverse nazioni e delle loro
vocazioni, raccoglie tutto lo sforzo attualmente in atto nel mondo verso lo
sviluppo sostenibile, come deriva dalla lezione di Rio+20. La green
economy comporta una nuova visione dei problemi e delle dinamiche dello
sviluppo, nuove culture, diverse abilità e modalità di formazione.
In risposta alla necessità di capire la transizione
verso un'economia più verde diverse iniziative sono state messe in campo per
comprendere di che si tratta quando si parla di settori verdi (core-green),
posti di lavoro verdi (green jobs) e tecnologie verdi.
Si tratta di valutare il potenziale delle attività industriali e delle
risposte della politica per la costruzione di un nuovo tipo di benessere,
rilanciare l’occupazione e avviare il processo di ricostituzione del
capitale naturale, i tre cardini del cambiamento. Quindi si tratta di
valutare:
q
Quali caratteristiche collocano un’impresa nella
green economy;
q
Quali sono le caratteristiche dei green job.
Ci sono imprese green originarie per prodotti,
servizi o processi, ma l’interesse maggiore è nella grande massa di imprese
in transizione, avviate verso una green economy: per esse vanno
individuate quattro caratteristiche, essenzialmente:
-
la qualità delle motivazioni, accertabile con
indagini dirette;
-
il livello dell’ecoinnovazione, per cui esistono
indicatori specifici;
-
i risultati ambientali e la qualità ecologica, con
valutazioni quantitative;
-
il modello di business cui si chiede la
capacità di mettere lo sviluppo sostenibile al centro delle decisioni
strategiche aziendali.
I paesi come il nostro, con alto tasso di
disoccupazione, cercano nuove opportunità per stimolare l'occupazione e la
crescita economica. Autorità e responsabili politici chiedono informazioni
per eseguire confronti internazionali, per tenere traccia dei progressi
ambientali in ogni settore e nell'economia nel suo complesso e per
quantificare gli effetti delle politiche di tutela ambientale e di
protezione sociale. La tentazione di dividere le attività economiche in due
gruppi, green e brown è da abbandonare, secondo un
orientamento ormai comune. Non è infatti teoricamente possibile segregare le
attività green dal resto dell'economia e non solo perché, in
qualsiasi accezione risultassero genuinamente green, esse
assommerebbero a quote percentuali dell’economia ad una sola cifra. Da un
lato, infatti, anche le attività core-green generano un certo
livello di pressione ambientale, dall’altro molte delle attività dei settori
tradizionali si vanno allineando agli obiettivi dello sviluppo sostenibile,
sia pure con modalità ed efficacia diverse. Si fa notare che anche settori
di solito classificati core-green, ad esempio le energie rinnovabili,
implicano pressioni sulla natura, il territorio o il paesaggio, e che alcune
aziende si servono di vecchie pratiche sociali, talvolta esplicitamente
contrarie ai principi della sostenibilità.
Anche in una prospettiva di un nuovo tipo benessere,
non sarà possibile ignorare la necessità che, per fornire gli importi
desiderati di beni e servizi, occorrerà governare ed equilibrare la
produzione e l'occupazione, l’uso di materia e di energia, le emissioni ed
i rifiuti. Va inoltre considerato che, mentre alcuni settori generano
emissioni significativamente più elevate per unità di prodotto e a pari
numero di lavoratori dipendenti rispetto ad altri, l'interdipendenza tra le
attività rende problematico accreditare particolari settori come più
green o semplicemente più rispettosi dell'ambiente rispetto ad altri.
Non adotteremo quindi la visione binaria delle due categorie, green e
brown, quanto piuttosto un continuum scandito dalle
esternalità generate per unità di prodotto e per lavoratore occupato e
controllato attraverso l’evoluzione nel tempo dei parametri.
La green economy viene oggi prevalentemente
valutata attraverso la performance globale di un paese, ma il
problema della qualità ecologica differenziale dei settori e delle singole
aziende non può essere ignorato né si può evitare di dare una soluzione equa
al problema della definizione degli obiettivi per gli operatori pubblici e
privati sol perché si tratta di un esercizio difficoltoso. Una modalità
equa, non l’unica, per ripartire i carichi della transizione potrebbe
essere, una volta definiti obiettivi e target, quella di parificare
i costi marginali di abbattimento delle emissioni e di ripristino ambientale
a carico degli operatori. Questa scelta, come ogni altra, richiede una forte
regolazione attraverso la fiscalità o i sistemi di permessi negoziabili
cap&trade.
(>
Materiali al completo disponibili in pdf)
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Green economy e green jobs: un binomio inscindibile
materiali di
studio di Toni Federico
La green economy e l’industria green si iscrivono da
protagoniste, come abbiamo visto, nel processo di transizione verso uno
sviluppo sostenibile. Ad esse si chiede di fornire una risposta alle
molteplici crisi - climatica, alimentare, finanziaria, economica e sociale -
che il mondo ha dovuto affrontare negli ultimi anni, perché offrono notevoli
opportunità per creare posti di lavoro e un nuovo tipo di economia capace di
progresso e di futuro. Il cambiamento verso la green economy può
comportare un onere finanziario per le industrie inquinanti e provocare uno
spostamento dell’occupazione in diversi settori e regioni, ma porterà nuove
attività che offrono significative opportunità di investimento, crescita
economica e nuovi posti di lavoro green.
La maggior parte degli osservatori è interessata alla dimensione della
green economy, in termini di numero di stabilimenti, numero di green
jobs e fatturato totale, e al suo contributo alla crescita economica, in
particolare per maggiore fatturato, maggiore occupazione, numero di persone
impiegate direttamente o indirettamente, il loro livello di abilità e le
competenze specialistiche necessarie, il valore aggiunto, gli investimenti,
le esportazioni. Il volume, il livello e la qualità dell’occupazione in
posti di lavoro verdi è visto da molti forse come il più importante
indicatore del progresso complessivo verso un'economia più green e
più sostenibile.
L'identificazione delle attività riconducibili alla green economy, e
la misurazione delle caratteristiche dei rapporti di lavoro in queste
attività, possono essere utilizzate per guidare le decisioni per quanto
riguarda le industrie che richiedono il supporto in forma di sovvenzioni e
di accesso al credito e, anche, di corsie preferenziali dal punto di vista
normativo e fiscale. Il monitoraggio statistico può anche consentire una
valutazione della misura in cui gli stabilimenti ristrutturano i loro
processi organizzativi e produttivi. Si tratta di una condizione necessaria
per valutare come le abilità e i sistemi di istruzione e formazione devono
adattarsi allo sviluppo della green economy.
Queste premesse prefigurano una separazione tra lavoro green e
brown, come per le imprese, ma non può esservi una corrispondenza
biunivoca tra imprese green e green jobs. L’UNECE, elaborando
i suoi indicatori legati al lavoro, intanto, definisce impraticabile una
distinzione tra l’occupazione in posti di lavoro green e in posti di
lavoro ambientalmente sostenibili. Se questo è vero non potranno essere
classificati come green impieghi ed attività svolte per conto di
imprese che non abbiano fatto una scelta esplicita ed operazionale in favore
della sostenibilità: non basta cioè piantare fiori nel giardino di
un’industria brown, nella misura in cui ciò non ne modifica i ruoli
né le tendenze. Per converso, un gran numero, forse la maggior parte dei
green job, si vanno creando nelle aziende in via di trasformazione che
stanno intraprendendo quello che abbiamo chiamato un cambiamento del modello
di business. Naturalmente le difficoltà di quantificare
statisticamente questi processi dal punto di vista occupazionale, possono
essere molto grandi, specialmente nelle prime fasi della transizione.
Molti degli uffici statistici nazionali, almeno nei paesi sviluppati, hanno
iniziato a produrre stime per quantificare l'economia green nelle sue
varie forme e con essa l’occupazione ambientale e i green job, sulla
base di dati provenienti da indagini ufficiali di stabilimento. In questi
casi, i dati sul tipo di attività economica o sui beni e servizi prodotti
sono utilizzati insieme ai dati sull'occupazione totale in ogni azienda per
generare una stima attendibile dell’occupazione in posti di lavoro green.
I dati resi per ora disponibili, sono classificati in base al tipo di
attività economica secondo i settori core-green come la
gestione dei rifiuti o l’energia rinnovabile, così come definiti nel SEEA
(cit.). Le stime tendono, tuttavia, a non essere comparabili tra i diversi
paesi a causa delle differenze nelle fonti, nei metodi di stima e nelle
definizioni di green job utilizzate.
Più completo e moderno è l’approccio adottato dall’US Bureau of Labor
Statistics (BLS), che definisce i green job come:
q
posti di lavoro in imprese che producono beni o forniscono
servizi a beneficio dell'ambiente e alla conservazione delle risorse
naturali, cioè le imprese EGS;
q
posti di lavoro in cui i doveri dei lavoratori implicano
processi di produzione del loro stabilimento più rispettosi dell'ambiente o
che utilizzano meno risorse naturali.
L'uso di queste categorie interagenti per definire i green job
implica due diversi approcci alla misurazione statistica: un approccio di
prodotto e un approccio di processo. Occorre a questo fine definire con
precisione quali beni, servizi o processi devono essere considerati.
L'occupazione nel settore della produzione di beni e servizi ambientali
riguarda i posti di lavoro negli stabilimenti che producono beni e servizi a
beneficio dell'ambiente. Va però considerato che questi prodotti non sono
sempre ottenuti mediante processi e tecnologie di qualità ecologica. Ad
esempio, gli edifici verdi o le auto elettriche possono essere prodotti
utilizzando tecnologie che possono anche avere un impatto ambientale
negativo.
Occupazioni in processi ambientalmente favorevoli, d'altra parte, possono
essere trovate in industrie tradizionali, ad esempio minerarie o di
produzione dell’acciaio, certamente inquinanti. Saranno classificati
green job a condizione che le aziende stiano aumentando la loro
l'efficienza energetica attraverso nuovi modelli di organizzazione o che
impieghino tecnologie rispettose dell'ambiente nei loro processi produttivi.
Questi cambiamenti, anche se non sempre guidati da preoccupazioni ambientali,
possono avere un notevole impatto positivo sull'ambiente, anche dove vengono
prodotti beni o servizi ambientali non EGS.
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