Rio de Janeiro: il Carnevale
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Stakeholder Forum

Greenpeace

WWF

L'ATTIVITà DELLA FONDAZIONE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE IN PREPARAZIONE DI RIO+20

Rio de Janeiro, 4-6 giugno 2012

Homepage Comitato scientifico

I DOCUMENTI DEL NEGOZIATO

 

NAZIONI UNITE

 

"Resilient People, Resilient Planet: a future worth choosing" Il Rapporto dell'United Nations Secretary-General’s High-level Panel on Global Sustainability

La prima versione "Zero Draft" del documento finale di Rio+20

Rioplustwenties "Rio+20 Participation Guide - An introduction for children
and youth
"
Risoluzione ONU 64/236 del 24 dicembre 2009

La Roadmap ONU delle NGO  verso Rio+20 del 2011

La posizione dell'UNCTAD: "The road to Rio+20 for a development-led green economy" del  2011

Documento del Segretario Generale dell'UNCSD per il II PrepCom del marzo 2011 sugli obiettivi e i temi della UNCSD

Rapporto di sintesi del primo Intersessional Meeting CSD del gennaio 2011

La proposta del Presidente del Brasile

 

UNEP

GEO-5

"Global Environmental Outlook"

Il Sommario per gli operatori politici del febbraio 2012

 

Le 21 criticità per l'ambiente nel ventunesimo secolo     del febbraio 2012

Keeping Track of our Changing Environment: From Rio to Rio+20

 

EUROPA

Documento del Consiglio Ambiente del 9 Marzo 2012: "Rio+20: Pathways to a sustainable future"

Contributo degli enti locali e regionali dell'UE alla conferenza dell'ONU sullo sviluppo sostenibile 2012 (Rio + 20) del 14 e 15 dicembre 2011

Il Contributo Europeo alla UNCSD per la preparazione dello Zero Draft del Documento finale di Rio+20

Il documento del Consiglio Europeo dei Ministri dell'Ambiente del 10 ottobre 2011

La risoluzione del Parlamento Europeo del 29 settembre

La Mozione del Comitato ENVI del Parlamento Europeo per una posizione unitaria su Rio+20

La posizione della Commissione Europea del giugno 2011

 

ITALIA

Il Piano d'Azione Ambientale per lo sviluppo sostenibile

RIO+20 sul WEB

 

Il sito UNCED

 

Ministero dell'Ambiente

 

ENI: Verso la Conferenza Rio+10

La Fondazione per lo Sviluppo sostenibile ha deciso di dedicare il suo Convegno annuale di Primavera del 2012 alla discussione dei temi del Summit UNCSD, Rio+20, delle Nazioni Unite che si terrà a Rio de Janeiro a vent'anni di distanza dal Summit della terra nel quale vennero scritti i 27 Principi dello Sviluppo sostenibile e venne approvata l'Agenda 21. La storia di Rio è trattata in altra parte di questo sito (> vedi). La Fondazione ha dedicato il Convegno annuale 2010 alla Green Economy, che, come è noto, è uno dei due temi assegnati dall'Assemblea delle Nazioni Unite al Summit di Rio+20.

Il Comitato scientifico della Fondazione per lo sviluppo sostenibile ha aperto un sito web di informazione su Rio+20 di cui pure questa pagina fa parte. Il sito Rio+20 seguirà tutta la fase preparatoria della UNCSD con particolare attenzione a quanto accade in Italia.

L'attività della Fondazione raggiunge il suo culmine nel 2011 con la presentazione a Milano, il 7 novembre, presso la sede del Sole 24 ore del Manifesto per un futuro sostenibile in Italia. Questo documento è aperto per la firma a partire da lunedì 7 novembre e posiziona la Fondazione tra i promotori della Green Economy in Italia con una visione che pone al centro le scelte consapevoli dell'industria italiana per il rilancio del Paese al di là della crisi e per la condivisione dei principi dello Sviluppo sostenibile e della protezione dell'ambiente al di là delle contrapposizioni politiche contingenti e delle possibili asimmetrie degli interessi e delle ideologie correnti.

"Questo Manifesto, promosso da esponenti di organizzazioni di imprese e da imprenditori della green economy, avanza una proposta, articolata in sette punti, per affrontare la crisi economica e sociale insieme a quella ecologica, riqualificando il nostro sviluppo nella direzione di una green economy"

 

Manifesto per un futuro sostenibile dell'Italia (Il Manifesto di Milano)

Milano, 7 novembre 2011

" Non c’è vento a favore per il marinaio che non sa dove andare " (Seneca)

Per assicurare un futuro sostenibile all’Italia siamo convinti che sia necessario, e possibile, affrontare la crisi economica e sociale insieme a quella ecologica, riqualificando il nostro sviluppo nella direzione di una Green economy. Riteniamo che anche in Italia vi siano le condizioni sia per affrontare le grandi sfide poste da una grave crisi economica e finanziaria, sia per realizzare le misure impegnative necessarie per affrontare la crisi climatica, cogliendo il vento che spira, in diverse parti del mondo, a favore dell’innovazione, della differenziazione, della conversione ecologica dell’economia, per aprire la strada ad uno sviluppo durevole e sostenibile. Tenendo ben presente che, così come avviene nelle istituzioni europee per le scelte importanti che non possono cambiare ad ogni legislatura, sugli obiettivi di fondo che hanno una valenza integrata, economica ed ecologica, è necessario costruire un’ampia convergenza, capace di andare oltre gli schieramenti politici e di attivare il contributo di cittadini, istituzioni e imprese. (> leggi e scarica l'intero Manifesto)

Il Convegno di lancio del Manifesto di Milano

"Verso una Green Economy"

Milano, 7 novembre 2011

Nel corso della presentazione del Manifesto a Milano il 7 Novembre, introdotto con la presentazione di Edo Ronchi (> ascolta la presentazione di Ronchi) e di Pietro Colucci, presidente della Kinexia (> ascolta la presentazione di Colucci) si sono succeduti interventi rilevanti da parte di esponenti dell'imprenditoria italiana. Di particolare rilievo l'intervento di Aldo Fumagalli, Presidente del Comitato per lo Sviluppo sostenibile della Confindustria (> ascolta l'intervento). A fine mattinata dopo la serie dei 15 interventi programmati, coordinati da , giornalista, il Presidente Ronchi ha concluso l'incontro che ha lanciato il Manifesto di Milano (> ascolta le conclusioni).

 

L'intervento alla Conferenza Nazionale "Sostenibilità, ambiente, innovazione: una sfida per l’Italia del futuro"

CNEL Roma, 20 ottobre 2011

Un dibattito debole. Nell’imminenza del ventennale del Summit di Rio de Janeiro del 1992, Rio+20, riparte nel nostro paese un dibattito debole ed insufficiente sul modello di sviluppo italiano e sulla compliance internazionale. Questa volta è la grave crisi economico-finanziaria ad avere il posto di primo piano. (Inoltre la pressione esercitata dalla crisi economica e dai) che con i suoi inaccettabili effetti sociali sta oscurando la questione ambientale, benché siano ben noti gli stretti i rapporti che legano (le une)  l’una all’altra.  

Il debito pubblico. Si è accumulato per effetto della spesa inefficiente delle amministrazioni, della pratica del commercio del consenso, dell’evasione fiscale troppo a lungo tollerata e della economia sommersa spesso controllata della criminalità organizzata. Sembra probabile che senza crescita, cioè senza un incremento del PIL, non usciremo dalla trappola del debito, ma questo incremento non è possibile senza ristabilire una reale giustizia distributiva e senza avviare processi sostenibili. Eppure, mentre abbiamo chiari questi principi, la loro traduzione in azioni e programmi politici è inadeguata. L'economia della conoscenza, della lontana Lisbona 2000, avrebbe dovuto unificare  le due questioni, ma oggi pare soccombere di fronte all’inatteso deficit di conoscenza dell’economia.

La folle corsa dei consumi. Una attenta analisi della crisi mostra che le sue cause di fondo non sono da attribuire solo alla speculazione ed alla connivenza delle istituzioni di controllo, quanto piuttosto alla massiccia espansione del credito al consumo per avere più crescita e più profitti. Le potenzialità del circuito produzione-consumo si sono esaurite a fronte della saturazione dei bisogni materiali nei paesi ricchi, dei volumi immensi delle spreco, della scarsità e dalla fragilità delle risorse naturali messe in gioco. Quella macchina autodistruttiva deve essere rallentata e occorre ritornare ad investire sui fondamentali del benessere e dell’ambiente.

Il debito ambientale. La crescita, basandosi sull’impiego di risorse e servizi ambientali, comporta inevitabilmente un sostanziale incremento del debito con la natura, che non sempre potrà essere restituito. Ne è esempio la grave crisi climatica ed energetica, non meno  del forte  aumento dei prezzi del petrolio, delle materie prime e dei prodotti agricolo-alimentari, che hanno evidenziato il ruolo svolto nella crisi dall’esaurirsi delle principali risorse del pianeta.

La crisi climatica si aggrava. Siamo vicini alla COP 17 di Durban. A Panama non si sono raggiunti accordi sul secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto. L’impianto dei finanziamenti promesso a Copenhagen stenta a partire. È opinione di tutti che l’obiettivo di contenere l’aumento termico entro i 2°C sia già fallito.

La crescita non basta. Il carattere recessivo della crisi (caduta della produzione e degli investimenti, contrazione dei consumi e disoccupazione)  provoca una grave instabilità economica e una conseguente destabilizzazione sociale (impoverimento, crescente divario tra i redditi e la ricchezza, perdita di status di ampi settori delle classi medie). Nelle azioni dei governi, la crisi è stata affrontata quasi unicamente con politiche mirate alla ripresa della crescita (del PIL) senza distinguere quale quota di questo flusso sia apportatrice di benessere e quale di degrado sociale ed ambientale. Emerge con forza a questo proposito il dilemma tra crescita come mezzo per garantire la stabilità economica e l’improrogabile necessità di ridurre il consumo di risorse e il degrado ambientale.

Ristabilire la giustizia distributiva. Nella crisi attuale le questioni di sostenibiità sono state surclassate da quelle della giustizia distributiva. È il tema del nascente movimento degli indignati a scala mondiale, in antitesi con le ricette FMI e BCE, che, sostenute da quasi tutte le forze politiche, impongono il pareggio dei bi­lanci attraverso riforme radicali e strutturali dei meccanismi della spe­sa pubblica e della stessa spesa so­ciale senza nessun riguardo alla sperequazione distributiva. Raggiungere il pareggio di bilancio in Italia al prezzo di una ulteriore compressione del red­dito e del livello di vita delle fasce medio-basse, o di un taglio secco della spesa socia­le, sarebbe un rimedio peggiore dei mali - il debito troppo alto e il disa­vanzo - che l'Europa e il buonsenso impongono all'Italia di curare.  

Investire sui beni comuni. Siamo dalla parte di quelli che dicono che occorrerebbe redistribuire ricchezza e reddito e rinnovare la base produttiva e le ra­gioni competitive del nostro Paese puntando soprattutto su scuola, formazione, cultura, ambiente, cioè sui beni comuni decisivi sia come basi della coesione sociale sia per fondare un nuovo sviluppo all’altezza delle sfide e dei problemi del tempo presente. Se è vero che il PIL è grossomodo la somma dei consumi e degli investimenti (savings), un nuovo modello  di sviluppo basato sulla sobrietà dei consumi, sulla chiusura dei cicli dei flussi materiali (rinnovabili, riuso, riciclo, etc), e su  maggiori investimenti sui beni comuni non comprometterebbe nè i conti pubblici né i livelli occupazionali e può favorire lo sviluppo sostenibile.

La Green economy. In armonia con il tema centrale fissato  dall’Assemblea Generale dell’ONU per Rio+20, siamo convinti che per assicurare un futuro sostenibile all’Italia sia necessario e possibile affrontare  la crisi economica e sociale insieme a quella ecologica, riqualificando il nostro sviluppo nella direzione di una Green economy, sia per realizzare le misure impegnative necessarie per affrontare la crisi climatica sia per cogliere il vento che spira,  in diverse parti del mondo, a favore dell’innovazione, della differenziazione, della conversione ecologica dell’economia, per aprire la strada ad uno sviluppo durevole e qualificato.

La riconversione ecologica di importanti settori produttivi potrebbe garantire maggiore occupazione, minore impiego di energia e di risorse, riduzione delle emissioni e della produzione di rifiuti. (> leggi l'intero documento)

 

Rio + 20: fra vecchia e nuova economia

di Francesco La Camera, 27 luglio 2011

Il prossimo Summit Rio + 20, che si terrà a Rio dal 4 al 6 giugno del prossimo anno, avrà due temi principali:

1. La green economy nel contesto dello sviluppo sostenibile e dello sradicamento della povertà;

2. Il quadro istituzionale per lo sviluppo sostenibile.

A questi due temi si accompagnerà, sulla base di un Rapporto del Segretario Generale, una riflessione sui risultati raggiunti dopo i passati vertici sui temi della sostenibilità, per ultimo Johannesburg del 2002, i gap nell'attuazione e le sfide emergenti. Come è noto il Summit è stato fortemente voluto dall'allora presidente del Brasile Lula, e deciso con una risoluzione delle Nazioni Unite alla vigilia del Natale 2010.

I tempi per la preparazione sono così estremamente ridotti, ed inevitabilmente ciò avrà un impatto sui possibili risultati. Dal punto di vista istituzionale si spera che sia almeno l'occasione per la riforma dell'UNEP, da trasformare al ruolo di agenzia globale, e l'individuazione di possibili elementi di indirizzo per la riforma del Consiglio Economico e Sociale dell'Onu (Ecosoc), che dovrebbe riflettere in modo più compiuto l'idea dello sviluppo sostenibile come elemento guida e trasversale alle varie politiche.

Qui vorrei soffermarmi sull'idea della green economy nel contesto  dello sviluppo sostenibile. Nell'ambito di varie organizzazioni internazionali si è affermata l'idea che la green economy, nelle sue diverse declinazioni Green Growth, Soft Economy, Greening of the Economy, Green New Deal, possa essere la risposta vincente alla crisi economica ed ambientale che ha segnato i primi passi del nuovo millennio.

Nel linguaggio della comunicazione e purtroppo anche in quello delle risoluzioni o dei documenti ufficiali, l'uso di questi termini, nella loro relazione con lo sviluppo sostenibile, alimenta una confusione terminologica che rischia di investire e neutralizzare i contenuti dell'idea stessa di sostenibilità. A proposito basta fare riferimento alla Strategia europea 2020, dove la crescita economica, la prima priorità come risposta alla crisi, diventa intelligente, sostenibile, per conciliare con essa, purtroppo solo nominalmente, le risposte alle emergenze ambientali. Queste nuove parole d'ordine sembrano ormai sostituirsi al concetto ed al significato dello sviluppo sostenibile, in alcuni casi ne vorrebbero esprimere il superamento.

Anche qui basti l'esempio dell'Europa dove l'idea guida dello sviluppo sostenibile, tradendo le aspettative iniziali del dopo Gotebörg, è stata confinata di fatto alla dimensione ambientale, restando al margine, piuttosto che essere il cuore e la guida, del processo di formazione delle politiche e delle strategie europee incentrate nel Consiglio di primavera. (> leggi l'intero documento)

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